Cena fascista Acquasanta Terme, Anpi presenta l'esposto

Denuncia contro noti e ignori dopo la serata nostalgica con il Duce sul menu. Era presente anche il sindaco Fioravanti

Il sindaco Fioravanti

Il sindaco Fioravanti

Acquasanta Terme (Ascoli Piceno), 4 novembre 2019 - "Esco ora dal tribunale dove mi sono recato con l'avvocato Mauro Gionni per depositare in Procura la querela contro noti e ignoti relativa alla cena 'marcia su Roma'". Così il presidente provinciale dell’Anpi di Ascoli Piceno ha comunicato di aver dato seguito all’annuncio di inoltrare in Procura un esposto a seguito della cena avvenuta domenica 27 ottobre al ristorante Terme di Acquasanta in ricordo della marcia su Roma.

Sui menù della serata erano state stampate effigi del Duce e fasci littori. Nella sala campeggiavano bandiere di Fratelli d’Italia. Erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Ascoli Marco Fioravanti, il vice sindaco Silvestri, l’onorevole Acquaroli, il consigliere comunale di San Benedetto Assenti. Nell’esposto si chiede alla magistratura di valutare se si configurino violazioni alla legge Scelba, alla legge Mancino e alla legge 604 bis.

Cosa dicono le leggi

La legge Mancino del 25 giugno 1993, n. 205, sanziona e condanna «gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali». C’è poi la legge Scelba, n. 645/1952, che sanziona «chiunque promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».

Nell’esposto dell’Anpi viene tirato in ballo anche l’articolo 604-bis del codice penale (già art. 3 della legge 654/1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata nel 1966). Un articolo che punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato «chiunque propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi»: prevede la reclusione fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro. Lo stesso articolo punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni «chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Una legge che colpisce anche «chi, pubblicamente, esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche» e «chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista».