Che costo ha il conflitto per le imprese

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Francesco

Balloni*

Le imprese del Piceno stanno pagando a caro prezzo il recente conflitto in Ucraina, con pesanti ripercussioni in chiave export che, in un momento storico caratterizzato dalle difficoltà legate al reperimento delle materie prime e al vertiginoso aumento dei costi dell’energia e del carburante, rischiano di segnare un punto di non ritorno per l’intero tessuto imprenditoriale del territorio. Ad oggi, infatti, a uscire sconfitte dal clima di forte tensione che si respira nelle ultime settimane non sono soltanto le aziende marchigiane attive nel settore manifatturiero - in prima linea con 5.387 imprese del tessile e abbigliamento, per un totale di 36.111 addetti - e calzaturiero, che conta 3.214 imprese coinvolgendo 22.690 lavoratori, bensì tutte le realtà imprenditoriali del territorio, che di questo passo rischiano di finire coinvolte in una crisi ormai generalizzata, in grado di colpire in maniera trasversale marchi storici come piccole aziende a conduzione familiare. Nonostante un calo di oltre il 40% delle esportazioni dal 2013 in poi per via delle sanzioni comminate al Cremlino, l’export marchigiano verso la Russia vale ben 273,8 milioni di euro, cifra che evidenzia la necessità di tempestivi interventi di tutela da parte delle istituzioni nei confronti di un meccanismo economico virtuoso, che deve ora far fronte a un improvviso blocco delle commesse e di canali di scambio. Condannando ogni forma di violenza e ribadendo la necessità di un dialogo costruttivo, come Cna Picena esprimiamo grande preoccupazione per i nostri imprenditori che in questa fase si sono già visti costretti a rivedere il piano di investimenti e che hanno bisogno di tutele in termini di agevolazioni e contributi, per scongiurare il rischio che attività essenziali nell’economia del territorio si ritrovino a dover abbassare la serranda una volta per tutte.

*Cna Ascoli