Crisi idrica piceno, Sibillini a secco. La situazione si aggrava

Allarmante nota del Parco alla Ciip: la sorgente di Foce sotto il livello minimo

Sibillini a secco

Sibillini a secco

Ascoli, 28 marzo 2019 - Come se non bastassero le difficoltà di questi mesi sul fronte dell’acqua, ecco che ora il livello di allarme rischia di alzarsi ulteriormente. La questione stavolta è tutta concentrata su Foce di Montemonaco, una delle sorgenti uscite peggio dal terremoto del 2016 e 2017: partendo da una concessione di oltre 500 litri al secondo, ecco che oggi quella sorgente garantisce appena 180 litri al secondo. Il calo della sua portata, unito allo stesso fenomeno registrato in altre sorgenti, ha portato al razionamento notturno dell’acqua, che ancora prosegue. Ora, però, la situazione potrebbe peggiorare: infatti è emerso il problema del Dmv, sigla che sta per ‘minimo deflusso vitale’. Con queste parole si indica la quantità d’acqua rilasciata da una qualsiasi opera di captazione su un corso d’acqua, che permette a quest’ultimo di salvaguardare il suo sistema ambientale: quindi ogni volta che c’è una ‘presa’ su un corso d’acqua, si determina il relativo Dmv.

Su questo fronte arriva l’allerta del Parco nazionale Monti Sibillini, che ha inviato una nota alla Regione e a tutti gli enti coinvolti in questa storia. Il Parco, da un lato, spiega di condividere le indicazioni della Regione che ritiene ci siano le condizioni per autorizzare una deroga al rilascio del ‘minimo deflusso vitale’, ma dall’altro evidenzia la presenza di alterazioni degli equilibri biologici del corso d’acqua. Soprattutto suggerisce di integrare le indicazioni della Regione con alcune misure: la prima è di individuare delle soluzioni alternative per l’approvvigionamento dell’acqua, da inserire in un piano da consegnare al Parco entro la fine di quest’anno.

Non va dimenticato che il 31 dicembre è il giorno in cui finirà lo stato d’emergenza per il sisma. Inoltre, il Parco chiede che questo piano contenga un cronoprogramma delle azioni da mettere in campo per ripristinare il ‘minimo deflusso vitale’ entro l’anno successivo, quindi per la fine del 2020. Tempi strettissimi, soprattutto perché l’attività di ricerca di nuovi fonti di approvvigionamento è piuttosto onerosa e difficilmente si riuscirebbe a portare a termine in così poco tempo. Ecco quindi che la situazione rischia di diventare più complicata di quanto è già: la Ciip potrebbe a questo punto pensare di rivolgersi ai Ministeri dell’ambiente e delle infrastrutture, e pure alla commissione europea. La questione ruota tutta intorno ai fondi: l’obiettivo infatti è far rientrare tutti questi problemi all’interno dello stato di emergenza del sisma, intercettando così risorse importanti per poter avviare un percorso strutturale necessario per uscire dalla crisi idrica del momento e per mettersi al riparo da rischi futuri.