"Crollo dello smog da auto ma non di quello da caldaia"

Giorgio Catenacci, direttore Arpam: "Nel primo lockdown il biossido di azoto era calato molto ma non le pm 10, la gente stava tutta in casa"

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Che aria respiriamo? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Catenacci, direttore tecnico scientifico dell’Arpam. "La qualità dell’Aria nel Piceno è molto buona – spiega – e si iscrive all’interno del panorama regionale, che per quanto riguarda la concentrazione dei principali inquinanti è abbastanza omogeneo". Per il pm10, il valore medio annuo da rispettare è di 40 microgrammi per metro cubo. "Si tratta di particelle che hanno una dimensione inferiore a 10 micron – chiarisce il direttore – potenzialmente inalabili dall’uomo. Nelle Marche siamo nella fascia che va da 19 a 25. Ad Ascoli nel 2020, misura 22, nel 2019, 24, nel 2018, 20. Sono numeri che ci fanno stare più che tranquilli".

Dove si trovano le stazioni di rilevamento?

"Nella provincia di Ascoli sono 4: una a Monticelli, una a San Benedetto, e 2 in zone rurali, a Montemonaco e Ripatransone. Queste ultime sono molto utili per rilevare le concentrazioni di fondo".

Qualche anno fa c’erano altre 2, poi rimosse: come mai?

"I motivi sono da ricercare nelle direttive europee, che si basano sostanzialmente su un fatto: l’inquinamento atmosferico ha un comportamento omogeneo, specie per gli agglomerati urbani limitati. A Roma è necessario monitorare con più centraline, ad Ascoli non serve. Questa riduzione risponde alla legge 155 del 2010, che prevede una razionalizzazione delle misurazioni per puntare, invece, a un’omogenizzazione di metodo, utile ad evitare che i dati vengano falsati".

In che senso?

"Se si hanno più centraline in una città di 40mila abitanti, e meno in altre città con la stessa densità abitativa, i dati si falsano. Occorre applicare una regola, e la si è individuata sulla base livello di criticità ambientale e sulla presenza di popolazione. In questo modo la lettura del panorama regionale è più chiara". Il lockdown che effetto sulla qualità dell’aria?

"Abbiamo fatto uno studio su tutto il territorio, rilevando omogeneità. Durante il primo lockdown c’è stata una significativa riduzione di biossido di azoto. Tutte le stazioni, comprese quelle del Piceno, hanno rilevato un calo degli inquinanti legati al traffico pari al 40%. Durante il lockdown il pm10 mostra però un calo differente: è passato da 25 a 14, con una riduzione del 10%".

Come si spiega la cosa?

"Il divieto di circolazione ha prodotto un netto calo del biossido di azoto, inquinante ad esso legato. Il pm10, invece, è meno correlato al traffico e molto al riscaldamento domestico e alle attività industriali. Tutti erano a casa coi termosifoni accesi in quel periodo".

E il secondo periodo di chiusura?

"Tra novembre e oggi abbiamo assistito a comportamenti meno rigidi. La gente ha circolato: non abbiamo ancora i dati, ma si può prevedere che gli effetti non si vedranno. In ogni caso, i dati raccolti ci insegnano molto, facendoci già pensare a nuove strategie di contenimento per il futuro".

Valeria Eufemia