
Un lavoro della 3E dei campionati di giornalismo
Carolina Picchio, prima vittima riconosciuta di cyberbullismo, nel suo messaggio d’addio scrive: ‘le parole fanno più male delle botte! Cavolo se fanno male!!! Ma io mi chiedo, a voi non fanno male?’ La prima legge in Europa in materia di cyberbullismo (legge n.71/2017) è nata proprio in seguito alla tragica scomparsa della quattordicenne di Novara. Dall’entrata in vigore della norma, sono state promosse numerose iniziative di informazione e prevenzione, che permettono agli studenti di sapere che cos’è il bullismo, di distinguerne le tipologie e le caratteristiche. I dati nazionali, però, evidenziano che gli episodi di prepotenza tra pari continuano a coinvolgere ancora molti ragazzi, rilevando in particolare un aumento delle aggressioni ‘faccia a faccia’ basate sul pregiudizio, come ad esempio insulti omofobi e prese in giro a causa della disabilità o etnia. Sebbene l’hate speech online sia meno ricorrente, la percentuale dei casi di cyberbullismo si mantiene in linea con gli anni precedenti e, con l’avvento dell’I.A., ha assunto nuove forme, come i deepfake.
A questo punto viene da domandarsi che cosa non abbia funzionato nella rete di informazione e prevenzione pensata negli ultimi anni. Viene da chiedersi se l’attenzione sia stata posta troppo sui contenuti e troppo poco sulle persone. Durante un incontro sulla legalità rivolto alle nostre classi, il Capitano Francesco Tessitore, Comandante della compagnia dei Carabinieri di San Benedetto del Tronto, ha dichiarato che "i fenomeni di bullismo e cyberbullismo dimostrano che troppo spesso non c’è l’abitudine di mettersi nei panni degli altri, soprattutto per sostenere le vittime". La chiave di volta, dunque, potrebbe essere l’empatia.
David Fabbri, Alfiere della Repubblica per il suo impegno contro la cybervittimizzazione, in un’intervista ribadisce che certe ferite non si rimarginano fino a quando non si trova il conforto di qualcuno che sappia ascoltare attivamente (confortare significa essere forti insieme, ndr). Ma si può davvero insegnare la capacità di comprendere e sentire l’altro da sé? Non è impossibile se scuola, famiglia ed esperti si concentrassero di più sulle insicurezze degli adolescenti e sulla valorizzazione della personalità di ciascuno. Le principali offese che i bulli rivolgono alle vittime, infatti, riguardano il look, l’aspetto fisico, il grado di popolarità, le prestazioni scolastiche e sportive; chi offende, in fondo, lo fa per mascherare le proprie fragilità. L’obiettivo vero, allora, dovrebbe essere per tutti (bulli, vittime, testimoni) quello che Aristotele chiamava eudaimonia: il raggiungimento della felicità che sta nel benessere interiore. Soltanto facendo pace con se stessi, accettando i propri punti di forza e di debolezza, diminuisce il desiderio di affermarsi annullando l’altro.