Massimiliano Galletti, 59 anni, di San Benedetto è morto lunedì scorso all’ospedale di Kiev, ma non si conoscono i motivi del decesso. Un mistero. Neppure i familiari: la mamma Vittoria, la moglie Donatella e la figlia Aurora, informati della tragica notizia, sanno ancora che cosa è realmente accaduto. Massimiliano Galletti era un dipendente del comune di San Benedetto e circa un anno fa partì con la Protezione civile per una missione umanitaria in Polonia, ai confini con l’Ucraina per aiutare le persone che scappavano dalle zone interessate dal conflitto. Lo fece con un permesso rilasciato dall’amministrazione comunale di San Benedetto. Scaduto il termine avrebbe dovuto tornare a casa, invece Massimiliano ha rinnovato la richiesta per motivi personali, probabilmente, per continuare la sua missione in modo autonomo. Fino a un mese fa aveva avuto contatti regolari con la sua famiglia, poi di lui si sono perse le tracce tanto che la moglie, preoccupata di quanto stava accadendo, ha presentato la denuncia di scomparsa alle autorità competenti. Poiché non si era ripresentato a lavoro, anche l’amministrazione comunale ha dovuto agire, proponendo un provvedimento disciplinare. Ieri, invece, l’arrivo della terribile notizia della morte dell’uomo avvenuta nell’ospedale di Kiev dove, secondo alcune fonti attendibili, Galletti era ricoverato in stato di coma da circa un mese, in pratica, da quando di lui la famiglia aveva perso ogni contatto.
Un dolore immenso che la figlia prova a raccontare con un post sui social: "Ciao Papi – scrive – sei sempre stato il mio punto i riferimento, la persona sulla quale sapevo di poter sempre contare. Da bambina sognavo in futuro di avere un marito come te che mi hai sempre trattata da principessa, che hai sempre trovato le parole giuste per confortarmi, anche quando non avevo voglia di sentirti, eri lì per me. In questo momento che non ci sei, più che mai ho bisogno di te. So che sei volato via da eroe, l’eroe che sei sempre stato per me e per tutte le persone che hai salvato in questi anni. Sono orgogliosa di te come padre, ma soprattutto come uomo, sarai sempre nel mio cuore".
Il mistero della morte di Massimiliano si fa sempre più fitto: ora si dovrà capire come Massimiliano sia arrivato fino a Kiev e perché, se era andato per una missione di supporto alla popolazione locale, diretto in Polonia, in uno dei territori confinanti con l’Ucraina? E poi cosa potrebbe essergli accaduto per finire in ospedale in coma? Sono gli interrogativi dei familiari e non solo. Nelle prossine ore dall’Ambasciata italiana, che ha contattato il comune di San Benedetto nella mattina di ieri, potrebbero arrivare notizie per chiarire le circostanze della morte di Massimiliano Galletti. Per ora si limita a mantenere il massimo riserbo, come tutela nei confronti della famiglia.
Nel pomeriggio il sindaco di San Benedetto Antonio Spazzafumo ha diramato una nota in cui esprime il cordoglio della città: "Nulla possiamo dire su cosa sia accaduto. Posso solo unirmi ai ricordi di una persona coscienziosa sul lavoro, sensibile che non si risparmiava nel portare soccorso alle persone in difficoltà. Attendiamo notizie sul rientro della salma in Italia per l’ultimo saluto". Massimiliano era noto anche per essere stato il proprietario del labrador molecolare Byron che nel febbraio dell’anno scorso rimase folgorato mentre passava sul pozzetto di un palo dell’illuminazione pubblica in via Papa Giovanni XXIII a San Benedetto. Un evento che sconvolse il suo conduttore e la città intera. "Ho perso in un attimo un compagno di vita coraggioso e generoso, che non si è mai risparmiato in tutte le attività di ricerca che abbiamo compiuto insieme nei suoi 10 anni di servizio – ci raccontò in una intervista –. Byron era un cane molecolare, con una spiccata sensibilità, capace di inseguire le tracce di persone smarrite nelle situazioni più difficili: nelle attività dell’Associazione Nazionale Carabinieri e del Soccorso Alpino, Byron è stato un riferimento per tanti soccorsi in montagna, molte delle quali salvate proprio grazie al suo fiuto, nella ricerca di persone scomparse, di sopravvissuti tra le macerie del terremoto di Umbria e Marche del 2016, in quelle susseguenti all’omicidio Sarchiè, nel recupero dei corpi dei piloti morti nello scontro dei Tornado del 2014. Byron non era solo un cane, è stato un essere speciale, di cuore immenso, di affetto sconfinato, che ha svolto un ruolo importante per la nostra società".
Marcello Iezzi