Da WhatsApp alle aule dei tribunali

Sempre più reati sono legati ai programmi di messaggistica istantanea

Sempre più reati sono legati ad internet, all’uso dei social network, ma anche ai programmi di messaggistica istantanea, come WhatsApp, che spopolano sugli smartphone. Non tutti si rendono conto che insultare, diffamare, scrivere frasi a sfondo razziale è reato anche, e soprattutto, sui social network. Per esempio c’è la storia di un gruppo di amiche e compagne di scuola. Costituiscono un gruppo Whatsapp dove messaggiano del più e del meno, faccende scolastiche, sentimentali. Niente di strano. Succede però che ad una di queste ragazze viene offerto in dono un cucciolo di cagnolino che la ragazza accetta. Il problema sorge quando si rende conto di non essere in grado di gestire l’animale, che non è un cucciolo elettronico, come andava di moda una quindicina di anni fa, è un essere vivente con tutte le sue necessità. La madre ordina alla figlia di restituirlo a chi glielo aveva regalato e lei, obbedendo, questo fa. Ma così facendo scatena le ire della ragazza che le aveva donato il cane e che attraverso la chat di WhatsApp inizia a insultare pesantemente l’amica. La mamma interviene e la sua denuncia sfocia in un processo. Legato all’uso di WhatsApp anche il processo che ha visto imputati due abruzzesi accusati di violenza sessuale nei confronti di una ragazzina ascolana affetta da deficit intellettivo. Si sono accorti i genitori che la ragazza scambiava col telefonino foto "audaci" coi due uomini, coi quali ha poi anche avuto incontri. Dalla ricerca di Skuola.net per "Una Vita da Social" sono emersi fattori interessanti che spesso i Millennials e la Gen Z tengono ben segreti. Un ragazzo su tre, sul proprio social di riferimento, possiede un account falso. Sono circa il 28% quelli che dichiarano di averne uno oltre a quello ufficiale, mentre il 5% è presente ma solo con un fake. Perché questa identità anonima? Principalmente per conoscere gente nuova senza esporsi troppo online (26%), oppure per controllare i propri amici senza che loro lo sappiano (21%), nonché per controllare tutti quelli da cui sono stati bloccati (20%). Non manca chi ricorre ai fake per controllare il proprio partner (10%) o chi cerca di sfuggire dal controllo dei propri genitori (il 4%).

p. erc.