Amore. Amare. Da cui: sentimento profondo, legame e non possesso, rispetto, attenzione. L’uomo per la donna, la donna per l’uomo. Oltre le norme, c’è solo il cuore, anzi, sta prima di esse. Venerdì primo dicembre, il liceo classico Annibal Caro di Fermo si apre a genitori e nonni degli studenti. Il pomeriggio è denso di iniziative. I ragazzi hanno tappezzato i muri della scuola di manifesti contro la violenza sulla donna. Il tema rimbalza nei canti, nei balli, nelle letture, nelle brevi performances teatrali. Anche in una sorta di mimato processo giudiziario grazie a padri e madri avvocati. Poi, una voce. Parla appunto di amore. Lo fa raccontando storie di questa terra. È un viaggio immaginario e concreto. Si parte dal Guerin meschino. Dove andava il cavaliere, e perché errava dall’India all’Egitto sino alla nostra montagna? Perché cercava la sua famiglia, cercava sua madre. E lo fece interrogando la Sibilla: ecco, un’altra donna. Il racconto vira dalla montagna al mare, alla foce del fiume Chienti. Lotario e Imelda, il grande amore indissolubile. Lei che si lascia morire in un convento dove l’ha rinchiusa un padre geloso; e lui che accoltella quell’uomo cattivo ed espia il peccato costruendo la basilica di Santa Croce al Chienti. Ed ora si risale. Si raggiunge la città di Fermo, il suo centro storico, la Torre della famiglia Matteucci. Lì visse un grande comandante. Lo chiamavano Saporoso per la gentilezza, era in effetti Vincenzo il suo nome. Il più illustre della casata Matteucci fu condottiero, ammiraglio e architetto (le restaurate mura dell’antica Ragusa furono opera sua). A Corfù, nel 1542, in uno scontro con le fuste turche, catturò Mihrimah la figlia di Solimano II, moglie di Rostan Pascià. Cameria, come venne chiamata da noi, fu ospitata insieme alle sue ancelle nel Palazzo di Saporoso. Nacque una storia d’amore tra i due. Una storia appassionata. Ma lei era di un’altra cultura, di un’altra religione, di un altro popolo e sentiva forte questi richiami. Quale può essere allora il gesto più grande d’amore e del non possesso, se non quello della libertà? E così fu: Saporoso Matteucci gliela concesse. La rese alla sua gente chiedendo in cambio solo la liberazione di alcuni prigionieri di origine marchigiana, di cui 5 fermani. Il loro destino rimase in qualche modo legato. Saporoso morì nel 1578, era agosto; Mihrimah lo seguì nella tomba nello stesso anno. Lui sepolto ad Avignone, lei davanti alla Moschea blu di Instambul. Amore. Amare. Prima d’ogni legge.
Adolfo Leoni