Danni da social, responsabilità e ruolo dei genitori

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di Andrea

Agostini*

Sempre collegata a Instagram, immersa da mattina a sera per anni nel mondo perfetto delle foto social, una minorenne sviluppa dipendenza, ansia, depressione, disturbi alimentari, autolesionismo, istinti suicidi. Alexis Spence, all’età di 11 anni, di nascosto dai genitori, Kathleen e Jeff Spence di Long Island, nonostante l’età minima prevista dai social sia 13 anni, apre un account per giocare a un gioco per bambini e si trova suo malgrado destinataria dei contenuti più vari fino a sviluppare lesioni personali. “A 11 anni, cos’altro c’è da fare se non guardare questi contenuti e quando mi veniva detto ogni giorno “è così che si diventa carine… questo è l’aspetto che dovresti avere”, cosa avrei dovuto pensare? Ero solo una bambina”, dice la giovane, oggi 19 anni. “Il fatto che Alexis sia qui è davvero un miracolo perché abbiamo combattuto con le unghie e i denti per lei”, affermano i genitori. Così lunedì scorso la famiglia ha presentato il conto alla Meta, la società di Zuckerberg cui fanno riferimento Facebook, Instagram e Whatsapp, innanzi al tribunale distrettuale della California per i danni emotivi e patrimoniali subiti. Immagino la disponibilità continuativa di social media possa impattare sulla salute mentale di chiunque, figuriamoci di bambini e adolescenti che sempre più spesso soffrono di problemi legati all’immagine del proprio corpo, ma di chi è la responsabilità? In Italia il limite minimo di età per l’iscrizione ai social è 14 anni, al di sotto solo previo necessario consenso dei genitori; le piattaforme con i loro algoritmi devono adoperarsi “in ogni modo ragionevole” “in considerazione delle tecnologie disponibili” per le verifiche. I minori però mentono sull’età e non sono previste sanzioni per le loro menzogne, come per eventuali mancati controlli da parte delle piattaforme. Bene allora ricordare che essere genitori comporta l’obbligo di educare e assistere moralmente i figli, quindi anche vigilare sulla loro sicurezza, specie innanzi al fatto notorio della pericolosità del ciberspazio. E’ impegnativo crescere un figlio e stargli vicino per giocare, studiare, parlare, ancora più ascoltare, più semplice abbandonarlo alla rete e dedicarci a noi stessi, comodo, se non lucrativo, incolpare altri dei danni derivanti dalla nostra incapacità genitoriale.

*avvocato