
A sinistra Filippo Turetta, l'assassino di Giulia Cecchettin. A destra Salvatore Parolisi, che uccise la moglie Melania Rea nel 2011
Ascoli, 12 aprile 2025 – Si dibatte in questi giorni sul concetto di “crudeltà”. Accade in relazione all’omicidio di Giulia Cecchettini, causato da 75 coltellate inferte da Filippo Turetta che per la Cassazione non configurano l’aggravante della crudeltà. La stessa decisione ha riguardato nel 2016 la fine dell’iter processuale a carico di Salvatore Parolisi, condannato a 20 anni (grazie allo sconto di pena del rito abbreviato) per aver ucciso il 18 aprile 2011 la moglie Melania Rea, con la quale viveva a Folignano, essendo lui istruttore del 235° Reggimento Piceno.
Come sta accadendo per il caso Cecchettin, l’opinione pubblica all’epoca si indignò per il fatto che le 35 coltellate inferte da Parolisi alla povera Melania non sono state considerate una condotta crudele. Lo ha detto pubblicamente due anni la signora Vittoria, madre di Melania contestando che la rimozione dell’aggravante della crudeltà ha comportato una pena a suo avviso troppo mite per Parolisi. Per la verità i legali dell’ex militare si rammaricarono che non erano state concesse le aggravanti generiche che avrebbero fatto scendere la condanna a dieci anni. In questo caso Parolisi avrebbe finito da tempo di scontare la pena, che invece avrà termine nel 2029, anche se da anni gli sono concessi benefici. Ma cos’è la crudeltà giuridica? Nell’escludere la crudeltà riguardo la condotta di Turetta, i giudici hanno seguito un orientamento giurisprudenziale consolidato, in particolare riconducibile a una sentenza del 2015 della Corte di Cassazione.
L’aggravante sussiste quando, indipendentemente dal numero dei colpi, si manifesta la volontà di infliggere alla vittima sofferenze aggiuntive rispetto a quelle relative all’azione omicidiaria. La dinamica dell’omicidio di Giulia Cecchettin non permette di “desumere con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio, che Filippo Turetta volesse infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive, e non è a tal fine valorizzabile, di per sé, il numero di coltellate inferte”. Il caso di Melania Rea venne valutato similmente dai giudici.