Frana su via Mameli, Comune e Provincia nel mirino

Il giudice nel 2014 diede tre mesi di tempo per eliminare la situazione di pericolo. Le cause contro gli enti e un privato

La frana che minaccia via Mameli (foto LaBolognese)

La frana che minaccia via Mameli (foto LaBolognese)

Ascoli, 12 febbraio 2017 - Mettere in sicurezza la scarpata, che non da oggi ma da anni, minaccia le case a via Mameli evacuate venerdì, costerebbe fra 400 e 500 mila euro. Spesa che il geologo Oreste Schiavoni ha indicato nelle perizie che gli erano state affidate in qualità di consulente tecnico d’ufficio dal giudice del tribunale di Ascoli Raffaele Agostini (civile cautelare) e poi dal giudice Annalisa Giusti (in fase di attuazione) disponendo, entrambi, che era urgente mettere in sicurezza la zona in questione, avendo Schiavoni indicato chiaramente in perizia un’evidente situazione di pericolo.

Una cifra elevata che né Comune né Provincia hanno voluto (potuto) spendere. Dopo la nevicata abbondante, il 24 gennaio scorso l’avvocato Antonio Talamonti, ha scritto per conto di uno dei proprietari, Pietro Brandozzi, al Comune evidenziando una situazione di ulteriore pericolo. «Ho scritto al Comune che, oltre alla situazione di pericolo già segnalata più volte dal geologo Schiavoni, la neve aveva messo in movimento la frana e il pericolo era quindi aumentato. Venerdì ho scritto un’altra missiva e hanno finalmente fatto un sopralluogo che ha evidenziato quello che tutti sapevano: che il pericolo è reale». Dodici le famiglie evacuate.

Ma la storia di questa frana è vecchia di anni e riguarda Brandozzi, proprietario del terreno più vicino alle case, Massimo Collina, titolare del terreno sovrastante, Provincia e Comune di Ascoli proprietari di due strade a monte. Annosa la causa riguardante la competenza dei lavori.

Il giudice Agostini, nell’evidenziare i gravi rischi per l’incolumità pubblica, il 2 ottobre 2014 diede tre mesi di tempo ai quattro proprietari per eliminare la situazione di pericolo che riguardava maggiormente le due strade di proprietà pubblica sulle quali confluivano fiumi di acqua quando pioveva che scendevano naturalmente a valle. Non erano né regimentate, né canalizzate. La sentenza fu impugnata in sede di attuazione e quei lavori non vennero mai fatti, nemmeno dopo il successivo pronunciamento in tal senso del giudice Giusti datato 27 ottobre 2015.

«Brandozzi ha eseguito di sua iniziativa dei lavori nel suo terreno, ma a seguito delle piogge sono andati distrutti – spiega ancora l’avvocato Talamonti – tanto che per questo fatto pende una causa per risarcimento danni davanti al giudice Giusti da noi intentata contro gli altri tre proprietari. Il problema è che il Comune, invece di sostituirsi a Collina essendo l’unico che può farlo, ha invece emesso un’ordinanza contro Brandozzi che il Tar non ha sospeso. Ci siamo di nuovo rivolti al giudice Giusti chiedendo che venisse dato seguito alla sentenza del giudice Agostini». Comune di Ascoli e Provincia avrebbero però fatto solo piccola manutenzione, ma niente più. Il resto è storia di questi giorni con dodici famiglie in pericolo, costrette a lasciare le proprie case. Adesso verranno eseguiti i lavori «urgenti» da anni? Chi li pagherà?