Processo ad Ascoli. "Franco Giorgi era in cerca di soldi, voleva lasciare la Libia"

Il carabiniere del Ros racconta nel processo le intercettazioni del 78enne ascolano alle prese con l’attività di intermediazione per la compravendita di armi e munizioni

L’estradizione e l’arresto di Giorgi

L’estradizione e l’arresto di Giorgi

Ascoli Piceno, 2 ottobre 2022 - "Dalle intercettazioni emerge che Giorgi dal luogo dove era rinchiuso in Libia telefonava in Italia per cercare di procurarsi soldi utili a rientrare nel nostro Paese". E’ la testimonianza resa da un carabiniere del Ros di Ancona nel processo in corso davanti al collegio del tribunale di Ascoli e che vede imputati il 78enne ascolano Franco Giorgi, l’egiziano Gamal Saad Rezkalla Botros, 53enne residente a Colli del Tronto, il 32enne Sirage Zreg e il 52enne venezuelano Paolo Rubin residente a Padova. Sono tutti implicati, a vario titolo, nell’inchiesta della Procura di Ascoli riguardante attività di intermediazione per la compravendita di ingenti quantitativi di armi e munizioni da far pervenire alla Libia da altre nazioni europee; fatti in violazione della Risoluzione Onu 1970/2011 e delle successive estensioni e modifiche. Il processo deve far luce sulla trattativa che ha riguardato in un primo momento 1.000 pistole, 45 fucili Sniper, 2.000 munizioni, giubbotti antiproiettile ed altri accessori per un valore di 1.130.000.

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Successivamente si è parlato di altre munizioni per 16 milioni di euro con richiesta di versamento di 190mila euro per il noleggio di un aereo bulgaro destinato al trasporto in Libia di un’intera partita di materiali di armamento e di un’ampia parte di essa. La trattativa è poi proseguita in Slovenia e a Istanbul con altri soggetti libici e riguardava fucili di precisione, lancia granate, pistole e munizioni per un valore di 4 milioni di dollari. Infine è proseguita in Libia da marzo 2015. Giorgi, quale intermediario, garantiva di poter approvvigionare le armi in Slovenia, Serbia e Bulgaria attraverso una propria società con sede in Bulgaria ed ha operato come rappresentante di una fabbrica di armi e munizioni, con sede in Slovenia. In questa attività di intermediazione è stato affiancato da Botros, che fungeva da interprete fra Giorgi e i libici, incontrati anche ad Ascoli fra il 2014 e il 2015.

Davanti ai giudici Panichi, D’Ottavi e Proietti ha testimoniato un carabiniere che all’epoca indagava sul traffico d’armi. Ha riferito delle intercettazioni telefoniche nelle quali emerge la necessità di Giorgi di farsi mandare soldi in Libia da usare come una sorta di "riscatto" per ottenere la liberazione da un luogo di detenzione particolarmente duro. Il processo è stato aggiornato a marzo prossimo per completare l’audizione dei testimoni di un processo particolarmente complesso.