I 45 anni di Buster Keaton: "Avanti così"

Il cineforum guidato da Giampiero Paoletti: "Stiamo andando oltre le nostre aspettative. Un anno fa 400 tessere e 30 proiezioni"

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Il 2022 è un anno speciale per il Cineforum Buster Keaton: l’organizzazione, che da sempre si occupa di portare in riviera il migliore cinema del mondo, questo dicembre compie 45 anni. Nato nel 1977 e portato avanti da un gruppo di appassionati della settima arte guidato da Giampiero Paoletti, il cineforum si è adattato ai profondi mutamenti artistici e commerciali andati in scena nell’arco di cinque decadi, senza mai rinunciare al suo anelito: il desiderio di riempire la sala, spegnere le luci, e dare inizio allo spettacolo.

Paoletti, l’avventura è iniziata tanto tempo fa. Cosa è cambiato da allora?

"Dire parecchie, sia a livello artistico, sia nella logica produttiva, ma anche nel pubblico e nei canali di fruizione".

Quale mutamento l’ha colpita di più?

"Forse il ruolo del cinema in generale. Quando iniziammo al Don Bosco, il cinema era un grande fattore di aggregazione, e si respirava un senso di ‘necessità’. I film si vedevano solo lì, ed essi rappresentavano, tanto più allora, una finestra sul mondo".

Le manca questo aspetto?

"Quello che a volte manca è soprattutto il contorno: il momento precedente e quello successivo alla proiezione. Manca la condivisione, il parlare, il conoscersi andando a scoprire le opere di grandi artisti. Però devo dire che non mi ritengo un nostalgico. Nel ’77 proiettavamo con un 16 millimetri, il 4K era fantascienza e pensavamo che la pellicola non sarebbe mai stata superata. Ci sbagliavamo, ma tutto sommato va bene così".

Oggi i canali si sono moltiplicati a dismisura…

"E’ vero. Ai tempi c’era il produttore che rischiava il proprio capitale per realizzare un film. Oggi i film sono perlopiù prodotti dalle piattaforme, che ne acquistano preventivamente i diritti e decidono se e dove proiettarli. Noi però abbiamo mantenuto la stessa voglia di portare la gente al cinema, e la città ci ha dato tante belle soddisfazioni".

A quale ricordo tiene di più?

"Ce ne sono tanti. Uno è legato al giorno in cui proiettammo il film su Andrea Pazienza – ‘Paz!’, nda – Erano i primi del 2000, e ci eravamo trasferiti al ‘Calabresi’ per consentire la ristrutturazione del ‘Concordia’. Ricordo che riempimmo la sala da 800 posti. Un successo insperato".

E oggi? Come risponde il pubblico sambenedettese?

"Direi bene, tant’è vero che dopo la pandemia abbiamo deciso di fare due spettacoli anziché uno".

In termini numerici come vanno le cose?

"Oltre le nostre aspettative. L’anno scorso totalizzammo 400 tessere e garantimmo 30 proiezioni, ma con un solo spettacolo portammo in sala dalle 50 alle 60 persone a settimana. Quest’anno, con il doppio appuntamento, viaggiamo tra le 115 e le 120. Con l’ultimo film, ‘La stranezza’ di Roberto D’Andò, abbiamo strappato 142 biglietti".

Progetti per il futuro?

"Continuare così, con la nostra passione. E se dovesse arrivare qualche fondo in più, magari aumentare le proiezioni".

Giuseppe Di Marco