"Il bluff dei Green pass" Medico no vax torna libero

Per Giuseppe Rossi scaduta la misura cautelare degli arresti domiciliari "Cento euro per ogni vaccinazione falsa". Ora tremano anche i pazienti

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di Peppe Ercoli

È tornato in libertà Giuseppe Rossi, il medico ascolano accusato di avere favorito l’ottenimento della certificazione del Green pass per soggetti che però non si erano sottoposti alla vaccinazione anti Covid. Nei giorni scorsi, è scaduta la misura cautelare degli arresti domiciliari e il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Ascoli, Annalisa Giusti, ne ha dato comunicazione al dottor Rossi, che dunque ha riacquistato la piena libertà, dopo avere trascorso un periodo iniziale nel carcere di Montacuto, ad Ancona, e poi ai domiciliari, concessigli a febbraio nella sua abitazione di Ascoli. Il medico di base era stato arrestato il 4 gennaio su richiesta della Procura di Ascoli e ha trascorso un mese in carcere. Un tempo necessario per la magistratura per completare gli accertamenti urgenti riguardanti l’inchiesta che ha coinvolto anche Maurizio Strappelli e altre 72 persone. Rossi, già il giorno dell’arresto, operato dai carabinieri, ammise le sue responsabilità, e lo ha fatto ulteriormente in occasione di un successivo interrogatorio nel quale, assistito dall’avvocato Umberto Gramenzi, ha riferito che le persone interessate spontaneamente gli consegnavano 100 euro per ogni ciclo di vaccinazione che, benché non fatto, garantiva loro il "Green pass". Rossi immetteva infatti i dati nel portale del ministero della salute e si disfaceva dei vaccini, anche buttandoli nei cassonetti dell’immondizia. Un meccanismo che i carabinieri hanno verificato, posizionando delle telecamere nei pressi del suo ambulatorio al Pennile, effettuando delle riprese video e delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Il medico ha collaborato alle indagini, così come successivamente hanno fatto molti dei suoi pazienti, sentiti in questi mesi dai carabinieri di Ascoli. A tutti è contestata l’accusa di corruzione di pubblico ufficiale per esercizio contrario ai doveri d’ufficio. Un reato che prevede una pena da un minimo di sei a un massimo dieci anni senza il beneficio, in caso di condanna, di ottenere quale pena sostitutiva alla reclusione lo svolgimento di lavori socialmente utili; questo anche nel caso di un processo con il rito abbreviato, che prevede uno sconto di un terzo della pena.

Per evitare di finire in carcere occorre che lo sconto di pena sia almeno di due terzi e questo potrà essere agevolato non soltanto dal rito abbreviato, ma anche dal riconoscimento della tenuità del fatto e dalla collaborazione nel fornire le prove e i riscontri per delineare il quadro investigativo.