Il grande cuore dei fermani verso i profughi ucraini

"Mamma, che posso fare per l’Ucraina oltre alle manifestazioni?". Lei è una studentessa fermana. Sta cenando con la famiglia. Guarda la tv. Sente il cuore gelarsi dinanzi a quelle immagini di bambini, vecchi e donne straziati. La madre ci pensa un attimo. "Di generi alimentari se ne stanno inviando tanti. Quel che occorre ora – risponde – sono i soldi. Conosco un’associazione di volontariato seria e affidabile. Manda la tua paghetta, se vuoi". La sedicenne resta zitta. Il giorno dopo, a scuola, chiama i suoi amici. Lei è molto brava, ma non è una secchiona. I compagni la apprezzano, le danno fiducia, la seguono. "Perché – propone – non facciamo una raccolta di soldi da inviare a questa associazione?" e spiega cosa faccia, come operi, come garantisca serietà. Il giorno successivo ancora torna a casa con una saccocciata di euro: monete da 50 centesimi, uno, due... 46 euro in tutto. Una piccola fortuna messa insieme dagli adolescenti. Soldi propri. Aiutata dalla madre, lei fa un versamento. È felice. "Avere gli altri dentro di sé…".

Lui è un universitario fermano in una città importante. Divide un appartamento con un collega che è amico di un giovane ucraino venuto in Italia prima della guerra. Si conoscono. Il dolore di lui è enorme. La sua terra è stravolta. Non c’è attimo che non pensi a sua madre, a sua nonna, a sua sorella, bloccate là dove la devastazione è reale e non sono immagini televisive. Da quei crateri, da quelle case sventrate arriva una telefonata! "Siamo in cammino per raggiungere il confine polacco. Poi cosa sarà di noi?". Sono i famigliari del ragazzo ucraino. I due amici universitari non ci pensano troppo. Cercano un pulmino, chiedono un aiuto economico ad amici e genitori. Raggranellano il bastante e partono. Arrivano al confine polacco. Attendono, chiedono, cercano, telefonano. Mamma e nonna non ce l’hanno fatta ad arrivare. Altri parenti sì. "Salite, vi portiamo in Italia, vi sistemate da noi". E il pulmino riprende la strada di casa. Al volante gli italiani si danno il cambio. C’è tristezza per chi non è arrivato, ma anche contentezza per chi è stato recuperato. Passa qualche giorno e il ragazzo ucraino riesce ad avere altre notizie: mamma e nonna hanno raggiunto la Polonia. Nessun tentennamento. Si riaffitta il pulmino, si rifanno gli oltre duemila chilometri. Si va rapidi, non si dorme. Eccole. Un abbraccio lungo una vita. Si torna insieme. Altri duemila chilometri. Viva l’Italia. Gli italiani che non s’attardano. "Avere gli altri dentro di sé!".

Adolfo Leoni