Inquinamento e siccità, la lotta passa per la tavola

Secondo la Fao il 33% del suolo terrestre è già degradato, percentuale che potrebbe salire al 90% entro il 2050: intanto a maggio ci sono già 32 gradi

Tempeste di sabbia in Iran, 50 gradi a Nuova Delhi e un’improvvisa estate che si affaccia su tutta l’Europa. Anche nel Piceno le ondate di caldo fanno paura, con l’incubo che torni il razionamento dell’acqua e piante e animali ricomincino a soffrire per la siccità e il caldo intenso. Repentini cambiamenti di temperatura sono sotto gli occhi di tutti e se da un lato ci godiamo la tintarella, dall’altro non possiamo aspettarci niente di buono in arrivo sul fronte climatico. Per questo è necessario agire subito e per farlo bisogna cambiare mentalità, iniziando dalla tavola. Nel momento in cui la crisi internazionale mette al centro il tema dell’approvvigionamento del cibo, occorre riportare l’attenzione su questa risorsa necessaria e non rinnovabile. Il suolo impiega infatti fino a mille anni per rigenerare la fertilità persa per inquinamento o desertificazione. Secondo la Global Soil Partnership della Fao, il 33% del suolo terrestre è già degradato, percentuale che potrebbe salire al 90% entro il 2050. Sempre la Fao avverte che "l’uso eccessivo e improprio dei pesticidi causa danni e può contaminare le acque e i suoli a scala globale".

La campagna di comunicazione e sensibilizzazione sulla salute dei suoli di "Cambia la Terra", il progetto di FederBio con Legambiente, Lipu, Medici per l’ambiente, Slow Food e Wwf, ha analizzato 12 suoli agricoli convenzionali comparandoli con altrettanti terreni biologici contigui e adibiti alle stesse colture, su un totale di 24 aziende agricole. E’ risultato che nei campi convenzionali sono state ritrovate ben 20 sostanze chimiche di sintesi tra insetticidi, erbicidi e fungicidi. La sostanza più rilevata è il glifosato, che compare in 6 campi convenzionali su 12, seguito dall’Ampa, un acido che deriva dalla degradazione del glifosato. Si tratta dell’erbicida più usato al mondo, che ha effetti sulla salute degli ecosistemi e su quella umana, e che è rientrato nella lista delle sostanze ‘probabilmente cancerogene’.

Delle altre 18 sostanze chimiche di sintesi ritrovate, ben 5 risultano revocate da anni: due, il famigerato ddt e il suo metabolita dde resistono in un campo presumibilmente 44 anni, in quantità non trascurabili. Per quanto riguarda i campi biologici, le sostanze di sintesi rilevate sono solo tre, probabilmente proveniente dalle abitazioni vicine. In alcune coltivazioni ‘di punta’, anche nel convenzionale l’uso è molto limitato. In due situazioni, un oliveto in Puglia e un campo di frumento in Basilicata, le sostanze di sintesi erano addirittura assenti. "Questo ci incoraggia a pensare che il biologico stia cominciando a rappresentare un modello di riferimento per l’agricoltura in generale. Un risultato importante delle politiche, soprattutto europee, per lo sviluppo dell’agroecologia", la conclusione di Federbio.

m. i.