"La ospito a casa da marzo Ora sogna le Olimpiadi"

Svetlana Shcherbina: "Sarei orgogliosa di lei anche senza il successo sportivo. Con la mamma abbiamo condiviso insieme il dramma incredibile della guerra"

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Yeva Korystova è uno dei tanti, innumerevoli volti che compongono il mosaico di un tragico esodo. In migliaia, dall’Ucraina, hanno deciso di raggiungere l’Italia per trovare rifugio in attesa che la guerra in patria finisca. In attesa che i bombardamenti cessino e che si inizi a ricostruire. Yeva, che nemmeno un mese fa ha vinto l’Europeo di pole, a inizio anno ha dovuto lasciare la sua casa, la sua terra, dividendosi dagli affetti più cari e cercando, in un ambiente pacifico, di ripartire dallo sport. Uno sport in cui è diventata ben presto campionessa indiscussa. A San Benedetto Yeva vive con sua madre Alla in una casa dov’è stata accolta dalla connazionale Svetlana Shcherbina. Nei mesi di convivenza è emersa tutta la fragilità, ma anche la forza di una comunità che non vuole smettere di lottare.

Svetlana, possiamo parlare di un sogno che diventa realtà?

"Assolutamente sì. Yeva è stata unica e sono orgogliosa di ospitare una ragazza tanto forte. Ne sarei stata orgogliosa anche senza il successo sportivo, perché con lei e sua madre abbiamo condiviso il dramma incredibile della guerra in Ucraina".

Come vi siete conosciute?

"Yeva e sua madre sono venute a San Benedetto il 14 marzo. In casa mia, tra miei parenti e un’altra famiglia, siamo 13 persone di origine ucraina. Le persone che abbiamo accolto, peraltro, vengono dalla mia stessa zona dell’Ucraina".

Da dove?

"Da Kharkiv, dove la mia casa è stata distrutta dal lancio di quattro missili. Anche la casa di Yeva è stata buttata giù dal bombardamento, In questa zona del nostro Paese tanto vicino alla Russia, la guerra ha causato la distruzione del 30% delle abitazioni civili".

Le famiglie che ha conosciuto sono riuscite a restare unite?

"No, perché in Ucraina la maggior parte degli uomini con età compresa fra i 18 e i 60 anni viene reclutata e rimane lì. Il padre di Yeva non è venuto con loro…".

Come si è trovata Yeva in questo nuovo ambiente?

"Si è trovata bene: ha fatto subito amicizia e quasi tutti i giorni torna da scuola raccontando fatti che le sono successi. Si vede che si sente integrata. Oltretutto va detto che parla bene l’inglese, e così anche i suoi compagni di classe, quindi non ci sono mai stati problemi di comprensione linguistica".

Com’è nato il sogno Mondiale e poi Europeo?

"La ragazza ama lo sport che pratica e si allena intensamente per ottenere importanti risultati. Giunta in Italia, ci siamo messi in contatto con la federazione sportiva per fare in modo che Yeva potesse avere un posto dove allenarsi e quindi partecipare all’Europeo. Sua madre quindi l’ha portata per un mese a Firenze, dove la ragazza ha potuto riprendere e intensificare gli allenamenti".

E poi?

"Poi sono andati in Spagna, e anche questa è stata una grande impresa. Sua madre, Alla, ha accompagnato sua figlia a Valladolid in macchina facendo un viaggio di 1.800 chilometri all’andata e al ritorno. La madre di Yeva è stata un’eroina".

Nonostante la guerra, è felice del successo?

"Sì, è molto felice: i bambini hanno una grande capacità di adattarsi alla vita. Con questo non voglio sminuire il trauma vissuto da Yeva, che è stato fortissimo, ma penso che trovare un ambiente accogliente come quello di San Benedetto e della scuola Curzi sia stato molto importante per lei. E poi ama moltissimo il suo sport e si vuole dedicare interamente a quello".

Progetti per il futuro? Yeva è un astro nascente dello sport mondiale…

"Non c’è neanche da chiederlo: la vittoria alle Olimpiadi".

Cosa è necessario fare nell’immediato futuro?

"Intanto speriamo che si risolva al più presto la guerra in Ucraina, così potremo iniziare a tornare e a ricostruire il nostro Paese. E fintanto che siamo in Italia, faccio un appello alle istituzioni, dal comune alla regione, affinché si possa trovare una sistemazione consona per Yeva e sua madre".

Giuseppe Di Marco