Le navi e gli aerei dell’imprenditore in pensione

Antonio Nori, montegiorgese di 83 anni, è stato imprenditore calzaturiero. Quarant’anni di attività per produrre cinquemila ciabatte al giorno da inviare in Medio Oriente, Arabia soprattutto. Nel Duemila la pensione, e la domanda: "Ora che faccio?". È lo smarrimento di chi ha lavorato sempre sodo. A rimediare è la signora Olga, sua moglie. Che gli dice, scherzando: "Costruisci un aereo...". Un aereo? La provocazione lascia all’inizio il marito perplesso poi arriva a segno. E Nori inizia a chiudersi nel suo laboratorio, tra montagne di legnetti, stoffa e pelli della sua vecchia azienda, una sega, due trapani, una mola e tanto adesivo. Ore a guardare foto, a ingrandire particolari, a riproporre il tutto in imbarcazioni mignon. Così, in venti anni, il pensionato che non s’arrende ha costruito 240 navi e una serie di aerei a cominciare dal boeing 747. Raccontarlo rende meno che vedere. Occorre andare a casa sua, in via Frate Ugolino. Vi stupirete. Mi è capitato grazie all’amicizia con Franco Bucalà, fotografo impenitente. "Vieni a Montegiorgio. – mi dice al telefono – Ti porto in un luogo che nemmeno te lo pensi". Vado, mi fido dell’occhio di Franco. Ed entro così in un mondo che ha dell’incredibile: tre stanze, neppure piccole, a piano terra, con ai muri, allineati su tavole sospese, navi navi e navi ancora, di epoche diverse, con vele di ogni misura che, tiene a precisare, "sono opera di mia moglie che taglia la stoffa, la cuce, la trapunta". All’ingresso, Nori non ci porge la mano, perché è rugosa di colla: non per niente stava lavorando. Ha in cantiere – è proprio il caso di dirlo – 20 nuove imbarcazioni. Le ispirazioni le prende ovunque, specie dalle foto che i nipoti gli stendono. Diversi sono anche i modellini di ferry boat, a più piani. Ci ha navigato lungo il Nilo, ricordava bene interni ed esterni. Ce n’è uno che fa venire in mente Agatha Christie e il suo romanzo L’Assassinio sul Nilo. Ma la passione di Nori non si ferma alle navi. Due scaffali contengono un buon numero di pipe arabe scolpite, e poi portaerei, cupole di cattedrali e la Torre Eiffel. Quanto tempo passa nel laboratorio? "Fino a qualche tempo fa fino a dieci ore – spiega – oggi circa la metà. Lo star qui a creare queste cose mi fa star bene. Mi sento sereno e tranquillo". E fa un esempio: "Quando tiravo avanti la fabbrica ero teso, sempre nervoso, a volte mi scappava qualche imprecazione. Ora non più. Ora sto bene". Un desiderio? "Fare una mostra". E il materiale non manca certo!

Adolfo Leoni