Malori sospetti tra colleghi e nuove accuse L’infermiere Wick resta impassibile in aula

Morti nella residenza per anziani di Offida, otto gli omicidi e quattro i tentati imputati all’operatore sanitario di 58 anni. L’avvocato parla di un "professionista schivo e presuntuoso", altri conoscenti lo descrivono come inquietante: "Metteva i brividi"

Migration

Mostro senza pietà o vittima di un errore giudiziario? E’ quanto saranno chiamati a stabilire i giudici della Corte d’Assise di Macerate per Leopoldo Wick, l’infermiere ascolano di 58 anni accusato di aver ucciso otto pazienti e di aver tentato di ammazzarne quattro. Ieri mattina il paramedico, difeso dagli avvocati Francesco Voltattorni e Tommaso Pietropaolo, è comparso per la prima volta in pubblico mostrando il suo volto. Un volto che era rimasto sempre misterioso per la gente e per chi non aveva mai incontrato l’infermiere prima di finire in manette. Wick, in carcere dal giugno del 2020 per i fatti che sarebbero stati consumati ai danni di diversi anziani ospiti della rsa di Offida tra gennaio 2017 e febbraio 2019, è giunto in tribunale in manette e accompagnato da due agenti della polizia penitenziaria. Abito scuro addosso e mascherina nera in volto, il 58enne, apparso piuttosto provato, ha sempre tenuto lo sguardo basso. Si è accomodato in aula sul banco degli imputati, da dove si è mosso solo per alzarsi durante la pausa del processo. Per il resto, almeno apparentemente, ha mostrato massima serenità, limitandosi a qualche breve colloquio con i suoi avvocati. Nell’udienza di ieri sono emerse due figure di Wick diametralmente opposte: da una parte colleghi e familiari delle vittime lo hanno descritto come un freddo assassino senza pietà che avrebbe fatto una serie di iniezioni letali alle vittime, usando insulina e psicofarmaci; dall’altra i fatti parlano di un infermiere esperto, molto preparato, poco empatico con chi lavorava con lui, ma anche estremamente attento alle condizioni di chi aveva in cura. Un vero e proprio rebus che l’atteggiamento enigmatico in aula dell’infermiere non ha contribuito a risolvere. Nel corso dell’udienza sono stati ascoltati diversi familiari delle vittime, che hanno raccontato di come, facendo visita ai loro cari ricoverati nella rsa di Offida, li trovassero sempre storditi e in stato confusionale. In quelle occasioni era sempre di turno Wick. Poi è stata la volta di un medico e di un’infermiera del reparto di psichiatria del "Mazzoni" di Ascoli Piceno, dove aveva lavorato l’imputato. Il primo ha raccontato di aver assunto un farmaco per il mal di stomaco e di essersi sentito, poco dopo, fortemente sedato. La seconda, invece, di aver utilizzato dell’olio di oliva destinato ad un paziente, per poi cadere in stato di incoscienza e risvegliarsi al pronto soccorso. In entrambi i casi, però, le sostanze assunte non sono state analizzate perché, nel frattempo, i contenitori, ormai vuoti, erano stati gettati nella spazzatura. Nonostante le domande incalzanti del pm Umberto Monti, è risultato che nessuno abbia mai visto Wick versare delle qualcosa nel farmaco assunto dal medico o nell’olio utilizzato dall’infermiera. Ma quest’ultima ha continuato a sostenere che quel suo collega le faceva venire i brividi e aveva paura di lui. Parla di una persona totalmente diversa uno dei difensori, l’avvocato Voltattorni: "La descrizione di Wick è quella di un bravo infermiere, probabilmente un po’ presuntuoso, e che pensa di saperne di più dei dottori. Un professionista esperto, come hanno riferito i testimoni - ma molto poco empatico nei confronti dei pazienti e dei colleghi. E questo non lo rendeva simpatico, anche se rispettava sempre le consegne lavorative. L’udienza di oggi è stata la dimostrazione che non ci siano testimoni oculari, prove dirette o intercettazioni ambientali che dimostrino il collegamento dei decessi con la mano del mio assistito. Ci sono solo una serie di indizi messi insieme". La battaglia a colpi di articoli del codice penale, di elementi soggettivi e di perizie tecniche per risolvere questo intricato giallo processuale è solo all’inizio.

Fabio Castori