"Maxi opera in riviera e risorse importanti Ma la Fondazione non sarà più un bancomat"

Mario Tassi, al vertice dallo scorso aprile, è pronto per il Piano Pluriennale da 12 milioni: "Avremo un ruolo fondamentale per il territorio"

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di Flavio Nardini

Presidente Mario Tassi, qual è il bilancio dei primi mesi al vertice della Fondazione Carisap?

"E’ iniziata una bella avventura, più impegnativa di quanto pensassi anche se ero cosciente che fosse particolarmente onerosa. Quando ci si trova ad affrontarlo si capisce qual è il peso della situazione. Si entra nel vivo dei problemi della comunità e del territorio. È una sorta di confessionale, tutti vengono a raccontare problemi, esigenze, presentano richieste. E nello scambio di battute poi si riesce a capire un po’ tutto il puzzle".

Ottobre è il mese del piano pluriennale 20232025. Che Fondazione ha in mente per i prossimi tre anni?

"Avremo un ruolo fondamentale. Stiamo attraversando un periodo di grandissima difficoltà e venivamo già da una serie di avversità importanti: il terremoto, la pandemia, ora la guerra con l’inflazione. Senza dimenticare la precedente crisi industriale. Il nostro scopo sarà riuscire a fare sistema, utilizzare le risorse per cercare di ritessere quel tessuto del territorio che si è un po’ sfilacciato".

In che modo?

"Con rapporti con le istituzioni, le associazioni del terzo settore, con la comunità stessa, facendo vedere che la Fondazione è presente e cerca di aiutare laddove può e come può, mettendo in campo delle risorse importanti".

Come le metterete?

"La Fondazione non può più permettersi di essere un bancomat perché le nostre risorse, seppur imponenti, non sono minimamente sufficienti a risolvere i problemi del territorio. L’obiettivo è quello di utilizzare il denaro della Fondazione in un sistema moltiplicatore".

Come ci si riesce?

"Con progettazione, finanziamenti, andando ad aiutare la ricerca di bandi europei, regionali, sfruttando per quanto possibile il Pnrr. Proprio oggi finiamo di raccogliere i bisogni della comunità, degli stakeholder, vedremo i bisogni quantitativi espressi dalla ricerca della Politecnica delle Marche ed insieme avremo anche i bisogni formativi che sono stati recepiti da uno studio commissionato dal Cup. Senza dimenticare le idee progettuali dei cittadini che sul sito pianopluriennale.it hanno potuto esprimere le loro esigenze. Tutto sarà messo a disposizione dell’Organo di indirizzo nelle quattro sedute di ottobre e, dopo il 28, stabiliremo e vedremo come riuscire a costruire un piano per rispondere ai bisogni".

Ci sono anche i progetti già avviati come il restyling del palazzo Saladini Pilastri dove ci saranno un albergo etico e un polo sanitario...

"E c’è il discorso relativo a Montalto, oltre ai vari progetti in corsa che devono essere messi a terra. Per quanto riguarda il Pinqua, ad esempio, è importante non solo aver vinto il bando perché poi bisogna realizzare il progetto in due anni e soprattutto realizzare qualcosa che si regga sulle proprie gambe, che non sia un onere per la comunità. Perché altrimenti ci troviamo soltanto un palazzo sistemato".

Tra i tanti problemi da risolvere c’è un crollo demografico che sembra inarrestabile.

"È il principale problema. È tutto collegato: c’è la crisi demografica perché non ci sono servizi; non ci sono servizi perché vengono chiusi in quanto non c’è popolazione e questo lo si vede soprattutto nell’area montana, dove ad una diminuzione naturale della popolazione si è aggiunto uno spopolamento dovuto al sisma. Da qui si è arrivati anche a una riduzione drastica dei servizi che ha determinato un ulteriore spopolamento. Dobbiamo invertire questo meccanismo,e lo si fa da qui a 20 anni. Parliamo in un’ottica di lungo periodo, ottica vicina a quello che può fare la Fondazione perché noi non dobbiamo ragionare alle prossime elezioni".

C’è stato un momento in questi cinque mesi in cui ha pensato ’Chi me l’ha fatto fare’?

"Diverse volte (lunga risata ndr), ma sempre con spirito costruttivo".

Il momento più appagante?

"Penso ci sarà. Nel momento in cui vedrò attivi alcuni progetti".

A proposito di progetti, negli ultimi anni ci sono state grandi opere nel bene e nel male. ’Anima’ è naufragata, ma l’ex cinema Olimpia è diventato Bottega del Terzo settore. Avete in mente altre opere del genere?

"Sì, stiamo pensando a qualcosa in riviera. Anche perché ad Ascoli c’è la Bottega del Terzo Settore, ad Amandola l’auditorium Virgili in fase di rilevamento che funzionerà da polo di aggregazione. Per questo stiamo pensando all’area litoranea, ovviamente se l’Organo di Indirizzo lo riterrà opportuno".

Cosa farà di diverso rispetto a chi l’ha preceduta? E cosa invece sarà giusto portare avanti?

"Mi piacerebbe portare avanti il ruolo della Fondazione come strumento del territorio. Quello che sto cercando di cambiare, invece, è una maggiore inclusività del territorio e dei partecipanti. Credo che la Fondazione debba essere percepita all’esterno come un ente di particolare importanza dal punto di vista etico ed economico, ma soprattutto deve essere inclusiva in se stessa: gli organi, i soci, la comunità, devono avere un senso di appartenenza alla Fondazione. Abbandoniamo la logica della posizione, ma guardiamo tutti allo scopo e alla mission della Fondazione".