Missione in Somalia: guerra, storie e aneddoti

Gli ufficiali sambenedettesi dell’Unuci si sono ritrovati Ospite d’onore il generale paracadutista Francesco Bruni

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Gli ufficiali sambenedettesi iscritti all’Unuci (Unione Nazionale Ufficiali in congedo d’Italia) di Ascoli hanno organizzato il consueto appuntamento mensile nei locali dello stabilimento balneare Serenella di viale Trieste. Ospite d’onore il generale paracadutista Francesco Bruni, membro del sodalizio militare e reduce della missione italiana in Somalia. Bruni, accompagnato dalla signora Ombretta, ha donato al gruppo una piccola, bellissima statua realizzata sulla base di uno schizzo di Caccia Dominioni che raffigura un soldato della Folgore durante la battaglia di El Alamein e poi ha raccontato alcuni aneddoti di quella missione, in particolare della battaglia del checkpoint Pasta, quando durante un’operazione di rastrellamento i reparti del cosiddetto esercito regolare somalo si ritirarono senza avvisare e lasciarono la Folgore con il fianco scoperto. Tre morti e 29 feriti, alcuni dei quali gravissimi, fu il bilancio di quello scontro tra le file italiane.

"Potete immaginare quali sentimenti provassimo in quei giorni - ha detto Bruni - Fu organizzato un pranzo all’interno di un capannone a cui partecipò l’intera brigata. Dopo qualche parola scese un gelido silenzio e in quello scenario un paracadutista si alzò in piedi. Era il maresciallo incursore Marco Mandolini (che dopo qualche mese fu barbaramente assassinato) che tutti conoscevano come Condor Mike. Mandolini intonò una canzone particolarmente triste, la Sera dei Baci, che racconta la storia di un soldato che conosce una ragazza a cui promette di tornare presto da una missione e che invece finirà ucciso in battaglia. Tutti abbiamo cantato e tutti abbiamo pianto. Non credo sia mai più accaduto che un’intera brigata di paracadutisti si sia trovata con le lacrime agli occhi".

Ma Bruni ha raccontato anche qualche aneddoto allegro come quello di un anziano ascaro che aveva fatto parte del regio esercito italiano. Quando aveva rivisto il tricolore, Scirè, questo il suo nome, si era presentato al campo della Folgore con la sua uniforme, un po’ lisa ma molto ben stirata, e il suo vecchio moschetto perfettamente oliato. "Sono un soldato italiano – aveva detto – e se siete tornati voglio stare con voi". Gli italiani lo accolsero (disarmato) e lo fecero partecipare alla vita del campo. "Certo – ha raccontato Bruni – non fu facile convincerlo che dopo l’alzabandiera non doveva più gridare viva il re, ma alla fine ce l’abbiamo fatta".