Morte di Eddy Solagna, sotto processo due medici del Mazzoni

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Ha preso il via ieri al Tribunale di Ascoli il processo a due medici dell’ospedale Mazzoni di Ascoli per la morte di Eddy Solagna, ascolano deceduto il 27 novembre 2019. Il rinvio a giudizio era stato disposto su richiesta della Procura dal giudice delle indagini preliminari Matteo Di Battista. I medici all’epoca in servizio presso la medicina d’urgenza sono difesi dagli avvocati Rita Occhiochiuso, Laura Mistichelli e Giancarlo Faletti. Parte civile sono la moglie, i due figli e i genitori di Solagna, tutti assistiti dall’avvocato Andrea Agostini. I due sanitari devono rispondere di omicidio colposo. Secondo il sostituto procuratore Mara Flaiani, con la loro condotta avrebbero causato la morte di Solagna avvenuta "a causa di un arresto cardiorespiratorio in esito ad emorragia gastrica massiva e risalita gastro-colo-splenica in emitorace sinistro con sbandieramento mediastinico contro laterale". L’ascolano aveva compiuto da poco 60 anni; era stato ricoverato il 25 novembre 2019 per un’ulcera gastrica. In base a quanto riferito nella denuncia dai familiari, nei giorni precedenti il ricovero non era stato bene e anche dopo la situazione non è migliorata tanto che aveva conati di vomito con presenza di sangue. Hanno chiesto spiegazioni ai sanitari sul tipo di cure alle quali stavano sottoponendo il loro congiunto che però non dava segni di miglioramento. Solagna è deceduto alle 23,43 del 27 novembre. Due giorni dopo la famiglia ha sporto denuncia e la Procura ha aperto l’inchiesta dando incarico di effettuare l’autopsia al professor D’Ovidio. E’ emerso che dopo il ricovero del 25 novembre il paziente è stato sottoposto ad accertamenti tra cui una esofagogastroduodenoscopia (Egd) che non ha consentito però di individuare il sito emorragico. Solagna venne tenuto in osservazione con terapia farmacologica: le sue condizioni erano stabili. La notte del 27, a causa dei ripetuti episodi di vomito, gli venne riposizionato il sondino naso-gastrico. Secondo l’accusa, la mattina dopo, benché dal sondino fuoriuscisse liquido ematico, i due medici non richiesero un nuovo esame endoscopico, che venne programmato per il giorno successivo, "con mera finalità di controllo". Per la magistratura "la tempestiva effettuazione" di questo approfondimento diagnostico avrebbe consentito di adottare opportune tecniche interventistiche "per risolvere l’emorragia in atto e di evitare, con rilevante grado di probabilità, il decesso del paziente".

Peppe Ercoli