Non può vedere i figli dalla nascita Paternità negata finisce in procura

Il giudice delle udienze preliminari ha chiesto il rinvio a giudizio della madre dei due bambini

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E’ finita davanti al giudice delle udienze preliminari del tribunale di Ascoli una storia di paternità negata per la quale la Procura di Ascoli ha chiesto il rinvio a giudizio della madre di due bambini in tenera età e del compagno della donna. Parte civile nel processo è il padre naturale dei piccoli la cui paternità è stata riconosciuta dal tribunale di Ascoli. Quest’ultimo, assistito dall’avvocato Simone Matraxia, aveva sporto denuncia rivendicando la paternità di due bambini nati da una relazione con la donna durata oltre un anno, ma che dopo aver partorito lo ha escluso del tutto, non consentendogli di riconoscere i neonati che hanno invece preso il cognome di un’altra persona. La donna ed il compagno sono finiti sotto inchiesta per l’ipotesi di reato di "alterazione di stato"; riguarda chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile ed è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità. La storia d’amore fra i due nasce sul luogo di lavoro. Fin dall’inizio la donna però non sembra vivere serenamente questo rapporto tanto da tenerla nascosta. Dopo un anno è rimasta incinta di due bimbi. Un evento che non cementa però il rapporto fra i due; già prima del lieto evento lei gli fa sapere che non vuole che lui li riconosca e che lei era per altro già sposata con un uomo che non vede da tempo. Anche dopo il parto mantiene questa linea e man mano prende le distanze da colui che afferma di essere il padre dei due bambini. Eppure lui cerca di rassicurarla sul fatto che vuole vivere appieno la paternità, ma lei si allontana sempre di più e gli comunica di voler interrompere definitivamente la relazione.

Di fatto all’uomo non è stato consentito mai di vedere i figli. Ha cercato di avere notizie sulla registrazione all’anagrafe dei neonati, ma niente. Ai bambini viene dato il cognome di un uomo che, secondo il denunciante, non è il loro padre biologico. Sulla base di un pronunciamento della Corte Costituzionale del 1997 che afferma "la falsità del riconoscimento lede, tra l’altro, il diritto del minore alla propria identità", scatta la denuncia che ha portato alla richiesta di processo per i due indagati

Peppe Ercoli