Ocma, in cinque chiedono il rito alternativo

Il crack quasi dieci anni fa, di una delle più importanti aziende del Piceno, è approdata davanti al giudice Di Battista

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E’ approdata davanti al giudice delle udienze preliminari del tribunale di Ascoli Matteo Di Battista la vicenda legata alla Ocma, una delle più importante aziende ascolane, dichiarata fallita dal tribunale di Ascoli il 16 aprile 2014 quando è stata accertata una perdita di esercizio di oltre 90 milioni di euro e un patrimonio netto negativo di 13 milioni e mezzo di euro nel 2012, anno di presentazione della domanda di concordato preventivo.

La Procura di Ascoli ha chiesto il processo per sette persone. Due posizioni non sono più presenti in quanto riferite ad un uomo nel frattempo deceduto e un altro dichiarato incapace di intendere e di volere per il quale è stata quindi emessa una sentenza di non luogo a procedere. L’udienza preliminare riguarda quindi le restanti cinque persone che ieri hanno fatto richiesta al giudice Di Battista per accedere a riti alternativi.

L’avvocato Alberto Luzi ha chiesto il processo con rito abbreviato per Marino Costantini e la stessa richiesta l’ha fatta l’avvocato Andrea Trofino per Francesco Costantini. L’avvocato Alessio De Vecchis ha chiesto il patteggiamento per Stefano Costantini, mentre per Giuseppe Basili e Nazzareno Tassotti l’avvocato Rita Occhiochiuso non ha fatto istanze. Sulle richieste di riti alternativi il giudice Di Battista si pronuncerà nel corso della prossima udienza fissata al 30 maggio 2023, quando deciderà anche se rinviare a giudizio o prosciogliere Basili e Tassotti.

Nell’inchiesta della magistratura ascolana Marino Costantini figura come amministratore unico della Ocma fino al 31 maggio 2010, quando è divenuto presidente (fino al 29 novembre 2010) e amministratore di fatto fino al fallimento. In queste epoche Francesco Costantini è stato in momenti diversi membro e presidente del cda, consigliere delegato e amministratore unico; Stefano Costantini membro del cda e poi presidente, Basili e Tassotti membri del collegio sindacale fino al 26 febbraio 2013. Sono tutti accusati di bancarotta fraudolenta societaria, bancarotta fraudolenta preferenziale aggravata, bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata. Secondo l’accusa avrebbero concorso a causare il dissesto della Ocma e, per effetto di operazioni dolose, avrebbero causato il fallimento della società "realizzando gravissime irregolarità di tipo contabile e falsificando scientemente, ripetutamente e sistematicamente i bilanci societari relativi agli anni 2009, 2010, 2011, rendendoli gravemente inattendibili".