Oltre mille imprese a rischio usura

Dati allarmanti per le province di Ascoli e Fermo: in 1.251 sono scivolate nell’area dell’insolvenza

Guardia di Finanza

Guardia di Finanza

Nelle province di Ascoli e Fermo sono 1.251 le imprese che sono concretamente a rischio usura. Si tratta prevalentemente di imprese artigiane, esercentiattività commerciali o piccoli imprenditori che sono ’scivolati’ nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Di fatto, questa ’schedatura’ preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito.

Lotta a usura ed estorsioni "A rischio i nuovi poveri"

A dirlo è l’Ufficio studi Cgia. Per gli imprenditori coinvolti è la ’morte civile’; un istituto giuridico diffuso in Europa fino al XIX secolo che al condannato comportava la perdita di tutti i diritti civili e il conseguente allontanamento dalla società. Ricordiamo, infatti, che chi è schedato presso la Centrale dei Rischi difficilmente può beneficiare di alcun aiuto economico dal sistema bancario, rischiando, molto più degli altri, di chiudere o, peggio ancora, di scivolare tra le braccia degli usurai. In provincia di Ascoli le imprese che rischiano di cadere nelle braccia degli usurai sono complessivamente 639 e in provincia di Fermo 613. In entrambe le realtà il numero delle aziende incide dello 0,4% sul totale delle imprese. Oltre a preoccupare per il numero particolarmente elevato di aziende a destare ulteriori elementi di gravità è il numero di addetti che trova lavoro in queste realtà e che potrebbero perdere la propria occupazione. In Italia sono 146mila le aziende a rischio usura che attualmente danno lavoro a circa 500mila addetti.

Per evitare che questa criticità si diffonda, la Cgia continua a chiedere con forza il potenziamento delle risorse a disposizione del ’Fondo di prevenzione dell’usura’. Strumento, quest’ultimo, in grado di costituire l’unico valido aiuto a chi si trova in questa situazione di vulnerabilità. È bene ricordare che gli imprenditori che finiscono in questa black list della Banca d’Italia non sempre lo devono a una cattiva gestione finanziaria della propria azienda. Nella maggioranza dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità da parte di molti piccoli imprenditori di riscuotere i pagamenti dei committenti o per essere caduti in un fallimento che ha coinvolto proprio questi ultimi.

È comunque doveroso segnalare che nell’ultimo anno il numero complessivo delle attività segnalate alla Centrale dei Rischi è sceso di oltre 30mila unità. Questo lo si deve, in particolar modo, all’attività di prevenzione innescata dalle significative misure pubbliche di garanzia e dalla moratoria dei debiti per le Pmi introdotte in Italia dal 2020 per contrastare la crisi pandemica che ha aumentato notevolmente lo stock complessivo dei prestiti erogati alle attività produttive. Queste iniziative sono state più volte prorogate.