Omicidio Di Silvestre, una lite per affari nel passato dell'imprenditore

Si continua a scavare sulla vita privata dell’uomo trovato fatto a pezzi e carbonizzato

Il casolare vicino al luogo del ritrovamento dei resti di Demetrio Di Silvestrecr (Sgattoni)

Il casolare vicino al luogo del ritrovamento dei resti di Demetrio Di Silvestrecr (Sgattoni)

Ascoli, 28 novembre 2016 - Una lite legata agli affari, durante la quale sarebbero volate parole grosse e minacce. Si scava nella vita privata di Demetrio Di Silvestre, il piastrellista di Tortoreto ucciso e bruciato la scorsa settimana, per cercare di capire quale potrebbe essere stato il movente che ha portato all’omicidio.

Le giornate del 56enne scorrevano nella più assoluta normalità, ma non sono mancate situazioni fuori dall’ordinario. Come, appunto, un litigio con una persona che gli doveva dei soldi e con la quale sarebbero emersi dei dissapori, talvolta anche aspri. Di Silvestre sarebbe stato anche marginalmente coinvolto in una rissa all’interno di un bar nelle scorse settimane. Un po’ poco, comunque, per pensare che da tali episodi possa essere scaturito un assassinio tanto efferato, al quale ha fatto seguito un tentativo di occultamento di cadavere che per le modalità rimanda inevitabilmente ad ambienti legati alla malavita.

I resti di Di Silvestre sono stati trovati carbonizzati mercoledì 16 novembre nei pressi di un casolare che si trova quasi alla sommità del monte dell’Ascensione, ridotti in parti piccolissime. Le indagini hanno potuto fare affidamento sul gps della Bmw nera di proprietà del piastrellista, ma utilizzata dagli assassini per disfarsi del cadavere. Il dispositivo satellitare ha permesso di ricostruire i movimenti fatti il 15 novembre dall’auto, che è stata poi ritrovata il pomeriggio successivo in un parcheggio di Porto Sant’Elpidio.

Questo ha consentito di avere un quadro piuttosto chiaro del percorso compiuto prima e dopo l’omicidio. Anche se, all’interno dell’auto non sono poi state trovati elementi validi. Gli esami condotti dal Ris all’interno dell’abitacolo della vettura, infatti, non hanno fornito molte indicazioni, non essendo state trovate tracce di Dna utili per capire chi l’ha guidata dall’Ascensione fino a Porto Sant’Elpidio. Non sono neppure di grande aiuto alcune telecamere di videosorveglianza di un distributore che si trova nei pressi di Montalto, nel quale due uomini si sarebbero fermati la sera del 15 novembre per riempire una tanica di benzina. Le immagini sono di bassa qualità e non consentono di vedere i volti delle due persone. Si continua perciò a scavare tra i contatti avuti nell’ultimo periodo da di Di Silvestre, alla ricerca del movente, anche se non sembrano emerse situazioni particolarmente gravi da far temere per la vita del 56enne.