MARCELLO IEZZI
Cronaca

Operata al naso e morta, l’autopsia: “Un anticoagulante poteva salvarla”

La donna, 47 anni, stroncata da una embolia polmonare massiva. La denuncia del compagno: "Era sufficiente un farmaco contro la trombosi per evitare la tragedia"

Stefania Camela, morta a 47 anni due giorno dopo l'operazione al naso. L'autopsia: "Poteva salvarsi"

Stefania Camela, morta a 47 anni due giorno dopo l'operazione al naso. L'autopsia: "Poteva salvarsi"

San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), 15 dicembre 2023 – Stefania Camela, la donna di 47 anni, impiegata del Comune di San Benedetto, morta due giorni dopo l’intervento al naso eseguito in una clinica privata di Milano, è stata stroncata da una tromboembolia polmonare massiva.

Questo il referto dell’esame autoptico eseguito ieri mattina nell’obitorio del Policlinico di Milano alla presenza dei medici legali di parte. Per la famiglia della vittima, rappresentata dall’avvocato Dario Alessio Sobillo, ha assistito all’autopsia il medico lega Giovanni dell’Aquila di Foggia. Presenti anche i periti di parte nominati dai due sanitari che hanno eseguito l’intervento chirurgico, nei confronti dei quali il pubblico ministero della procura di Milano, Luca Gaglio, ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. La salma della donna è stata messa a disposizione della famiglia e sarà riportata nella sua città natale nella mattina di oggi, mentre il funerale è stato fissato per domani, alle 16, nella cattedrale della Madonna della Marina a San Benedetto del Tronto.

Prima di eseguire l’accertamento tecnico vi è stato il riconoscimento della vittima eseguito dal compagno Michele Sobillo, che ha dovuto ripercorrere anche i momenti drammatici della morte di Stefania. "L’anatomopatologo dopo il riconoscimento mi ha fatto alcune domande – racconta ancora sconvolto Michele Sobillo appena uscito dal Policlinico – Sono molto arrabbiato nell’aver appreso che, con molta probabilità, la mia compagna si sarebbe potuta salvare con il semplice impiego di un anticoagulante".

Un farmaco che impedisce la formazione di coaguli in modo da prevenire il rischio di trombosi. Michele Sobillo ha raccontato al medico legale che ha eseguito l’autopsia, la vita che conduceva Stefania, da atleta, essendo una sportiva che partecipava a gare di podismo e che si sottoponeva annualmente a tutti i controlli clinici e diagnostici, che si alimentava in modo scrupoloso e che, soprattutto, non aveva alcuna patologia. Insomma una donna sana che si è sottoposta a un intervento chirurgico "funzionale", come ha più volte ricordato il compagno, per riparare il setto nasale che si era fratturata in un incidente stradale quando aveva una decina di anni.

«Stefania non vedeva l’ora di poter respirare a pieni polmoni, riaprendo i turbinati – ha ricordato Michele –, ma temeva l’anestesia e i tamponi da portare dopo l’intervento. Ecco perché, dopo tante titubanze, aveva scelto la clinica Blumar Medica di Milano. Il chirurgo le aveva promesso che non l’avrebbe intubata e che non le avrebbe applicato i tamponi". Un intervento che era perfettamente riuscito e Stefania era stata dimessa dalla clinica qualche ora dopo l’operazione ed era andata in un hotel di Milano, insieme al compagno, per trascorrere un paio di giorni post operatori. La mattina del primo dicembre, mentre stavano uscendo dall’albergo, la donna è improvvisamente crollata. Rianimata prima dal compagno e poi dai soccorritori del Policlinico, Stefania ha cessato di vivere un paio d’ore dopo, quando i sanitari hanno scoperto che si trattava di una trombosi, ma ormai non c’era più nulla da fare.