Ascoli, "Pugni e calci anche dai dirigenti". Rivolta arbitri: non siamo punching ball

Dopo l’episodio choc a Roma parla Vallesi: "E’ ora di smetterla"

IL CASO DI ROMA Riccardo Bernardini, aggredito e barbaramente picchiato dopo una partita di Promozione

IL CASO DI ROMA Riccardo Bernardini, aggredito e barbaramente picchiato dopo una partita di Promozione

Ascoli, 17 novembre 2018 - "Un fatto così grave, da noi, non è mai accaduto, ma spesso ci siamo andati piuttosto vicini. Capita molto frequentemente, infatti, che gli arbitri del territorio vengano presi a schiaffi o a spintoni dai dirigenti di alcune squadre, direttamente dai calciatori o dai tifosi. In Italia c’è un grosso problema per quanto riguarda la cultura sportiva e l’Aia (l’associazione italiana arbitri) sta facendo il possibile per sensibilizzare le società». A parlare è Massimo Vallesi, presidente della sezione ascolana dell’Aia ed ex arbitro arrivato fino alla Lega Pro. Dal 2010 è alla guida dell’associazione ed anche lui è rimasto sconvolto da quanto accaduto a Roma all’arbitro Riccardo Bernardini, aggredito e picchiato dopo la partita di Promozione tra Virtus Olympia San Basilio e Atletico Terrenova.

Vallesi, quali situazioni si trovano spesso ad affrontare i ‘fischietti’ ascolani?

«Non siamo mai arrivati ad una situazione del genere, devo essere sincero, ma spesso accade che alcuni arbitri vengano aggrediti e siano costretti a recarsi al pronto soccorso. Ci sono stati dei ragazzi presi a pugni o addirittura a calci nel sedere dagli stessi dirigenti, i quali invece dovrebbero trasmettere ai giovani altri valori».

Lei, quando arbitrava, ha mai avuto paura di scendere in campo? Come spiega certi atteggiamenti da parte del pubblico?

«Paura? Assolutamente no. Però devo ammettere che per noi arbitri, spesso, è dura accettare gli insulti che arrivano da fuori. In alcuni casi veniamo colpiti nei nostri affetti più cari. Andando sui campi dilettantistici si sentono insulti alle mamme, auguri di morte e tanto altro. Sono situazioni davvero spiacevoli. Credo che la gente si comporti in questo modo perché è frustrata, per vari motivi, e va a vedere la partita per sfogarsi. Ma la cosa più spiacevole è vedere che certi episodi si verificano anche durante le gare dei ragazzini e sono i genitori, dalla tribuna, ad incitare alla violenza».

Cosa sta facendo l’Aia per tutelare quei ragazzi che ogni weekend scendono in campo per arbitrare?

«Io posso parlare per la nostra sezione, che conta circa 140 arbitri. Innanzitutto offriamo la massima tutela ai ragazzi. Se vengono aggrediti, ad esempio, li affianchiamo nell’assistenza legale e nello svolgimento di tutte le pratiche relative alle denunce. Organizziamo degli incontri con le stesse società sportive per far sì che i dirigenti possano educare i propri calciatori sotto questo punto di vista, facendo capire loro che la figura dell’arbitro va rispettata. Sul territorio siamo migliorati tanto, sotto questo aspetto, ma c’è ancora tanto da fare. Noi arbitri veniamo visti come dei ‘punching ball’ nei confronti dei quali si può dire di tutto. Ma è arrivato il momento di invertire questa tendenza e far capire ai ragazzi, ma soprattutto ai loro genitori, quali sono i veri valori dello sport».