Rinascimento marchigiano. "In mostra i capolavori salvati dal sisma"

Dal 23 novembre al Forte Malatesta 34 opere, Papetti: "Da Jacobello del Fiore a Cola dell’Amatrice, grande lavoro di restauro"

Stefano Papetti, direttore  dei musei civici (Foto La Bolognese)

Stefano Papetti, direttore dei musei civici (Foto La Bolognese)

Ascoli, 16 novembre 2019 - Parte da Ascoli, per poi raggiungere il Pio Sodalizio dei Piceni a Roma e Senigallia, il tour della mostra ‘Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma’ a cura di Stefano Papetti e Pierluigi Moriconi. Tre tappe per scoprire quanto belle ancora sono, grazie ad un importante intervento di restauro a cura di Anci Marche e Pio Sodalizio dei Piceni insieme all’apporto scientifico della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio delle Marche, 51 opere, tra dipinti e sculture che vanno dal ‘400 all’‘800, recuperate dai luoghi del sisma del 2016. L’esposizione, di 34 di esse, sarà inaugurata il 23 novembre (ore 17), al Forte Malatesta: rimarranno fino al 2 febbraio.  

Professor Papetti, che opere ci saranno in mostra e da dove provengono? «In tutto saranno 34, le più importanti dal punto di vista storico-artistico, le altre sono più di interesse devozionale. Avremo nomi importanti come Jacobello del Fiore con la serie delle scene della vita di Santa Lucia, capolavoro della pittura veneziana del ‘400 proveniente dal palazzo dei Priori di Fermo, Vittore Crivelli con la Madonna orante, il Bambino e angeli musicanti di Sarnano, Cola dell’Amatrice con la Natività con i santi Gerolamo, Francesco, Antonio da Padova e Giacomo della Marca dalla sacrestia della chiesa di San Francesco di Ascoli. E ancora da Roma Giovanni Baglione e Giovanni Serodine che dalla Svizzera seguirono nella capitale l’esempio di Caravaggio. Ci sarà anche una scultura di Orsolini di Montegiorgio di fine ‘800, l’autore del monumento ai caduti che si trova in piazza Roma».  

Che tipo di lavoro è stato compiuto su queste opere? «Un restauro difficoltoso. Alcune opere erano ridotte molto male, dalle tele su cui sono caduti muri, o pezzi di altare, ad altre come dipinti su tavola che a causa di uno stress di natura termica avevano il colore sollevato. Per mesi sono rimaste chiuse in chiese inagibili dove non c’era modo di verificarne la temperatura e l’umidità. Diverse sono state tirate fuori dai luoghi lesionati dal sisma a brandelli. Gli interventi di restauro sono stati tutti eseguiti da tecnici marchigiani».  

Quali i motivi che potrebbero spingere le persone a visitare questa mostra? «Si tratta di una mostra dall’interesse doppio: innanzitutto di carattere artistico perché sono opere molto importanti e oggi si presentano in una veste migliore grazie al restauro. E poi provengono da luoghi in parte, o del tutto, cancellati dal terremoto, e le popolazioni potranno tornare a vedere immagini devozionali dopo tre anni. Dunque c’è anche questo aspetto emotivo. Inoltre, dal restauro sono uscite fuori cose interessanti: nelle tre pale d’altare provenienti da Filottrano, in una, è stata trovata la firma dell’autore e la data ». Info: 0736/298213.