SCUOLA MEDIA IC MONTEPRANDONE

Il web nasconde parecchie insidie e spesso fa emergere le opinioni rispetto all’approfondimento

Migration

Il simbolo dei nostri anni è il rettangolo. Viviamo dentro il telefono, pc, tablet. Siamo attratti dai social che concedono di interagire contemporaneamente con più coetanei, ma siamo soggetti a trappole che si nascondono sotto l’immagine apparente di un mondo pieno di possibilità e vantaggi a scopo comunicativo. Lo consideriamo un bene indispensabile, in grado di renderci partecipi delle situazioni nel mondo, ma non è capace di tutelare appieno gli utenti, considerati come un fiume di dati. Si considerano i social una vera occasione per sviluppare cultura e creatività che nessuno potrà mai criticare, ma è anche vero che tendono a dar risalto alle opinioni a discapito dell’approfondimento. Molti vengono rapiti dalla velocità e possibilità di condividere la propria vita, osservando quella altrui.

Ma se è vero che i social mettono in contatto il pensiero di miliardi di persone, è altrettanto vero che le emozioni e le informazioni personali dobbiamo riservarle solo alla famiglia e amici vicini. Navigare permette di rafforzare amicizie, condividere progetti, filmati, idee, musica. È una tattica del web: rende tutto piacevole e facile, anche per i timidi. Ma navigare nel "mare" dei social è come tuffarsi in mare aperto, comporta la perdita di controllo della distanza dello sguardo, un’opportunità che ci offre solo la realtà. Attraverso i social perdiamo il nostro modo di sentire, di rapportarci agli altri e ci esponiamo a raggiri e truffe o diffusione di linguaggio violento. Si rischia di incontrare un mostro pronto a toglierti l’anima. Agisce con profili falsi e manda alla vittima messaggi coperti di insulti o falsità, maldicenze, immagini offensive, contenuti imbarazzanti. Il diretto interessato viene isolato e preso in giro. Tutto resta in rete per molto tempo e le molestie verbali portano la vittima a dubitare della propria personalità, ad avere pesanti ripercussioni sul suo benessere. In questi casi, molti pensano che la sensibilità sia sinonimo di debolezza, che queste esperienze siano necessarie per crescere.

In realtà la vergogna e l’imbarazzo uccidono la vittima. È importante denunciare, anche se l’idea contorta di se stessi convince di essere sbagliati e si ha timore che denunciando alla polizia postale si aumenti il problema. Il social può diventare ossessione, dipendenza e, pian piano, distacco dal mondo reale, isolamento. Dunque, si può affermare che, come ogni strumento, i social sono una risorsa solo se usati nel modo corretto. Questi portali non vanno considerati con gli occhi del passato, tanto meno criminalizzati o glorificati: occorre stimolare un approccio consapevole e maturo, perché si possono trasformare in un cacciatore pronto a sbranare la sua preda, lasciandone solo timori e insicurezze.