Terremoto nelle Marche, Stefano Messore. "Io, innocente ma in carcere per sciacallaggio"

Fece 50 giorni al Marino e otto mesi di domiciliari con l'accusa di essersi impossessato dei beni per sfollati di Arquata. La sua storia su Rai3 in 'Sono innocente'.

Stefano Messore

Stefano Messore

Ascoli, 16 aprile 2018 - Era partito insieme a un amico da Roma la mattina del 24 agosto 2016 per aiutare le persone terremotate di Acquasanta. Lui che, da ex paracadutista della Folgore impegnato nel sociale, non si tirava mai indietro in certe situazioni. Ma dopo qualche settimana fu accusato dalla Procura di Ascoli di essere lo sciacallo dei terremotati, rubando, e non donando, merce destinata alla popolazione sfollata.

Ma Stefano Messore, 43 anni, si è sempre dichiarato innocente, malgrado i 50 giorni di carcere dalla notte del 3 settembre, quando una perquisizione nel campo Rio della località termale fece scattare l’arresto. Fino al 3 luglio 2017, giorno della sentenza di assoluzione e della libertà per lui, la moglie Stefania e le tre figlie. La vicenda di malagiustizia è stata raccontata ieri sera nella puntata di ‘Sono innocente’, programma condotto da Alberto Matano su Rai3.

Messore, quanta rabbia ha ancora? “Non l’ho mai avuta, solo delusione. In quei giorni tutti mi conoscevano e sapevo quanto stavo dando, poi senza un perché ci hanno perquisito e accusato di rubare la merce”.

Cosa successe quella notte? “Ero impegnato a montare le tende e quando tornai al furgone trovai i carabinieri. Chiesi cosa stesse succedendo e mi dissero: ‘Quella roba è rubata’, indicando la merce che era dentro e che avevamo caricato poche ore prima a casa a Roma, dove amici e conoscenti portavano beni ogni giorno da distribuire. Dissi che non era vero, ma ci hanno portato in caserma per l’arresto, l’interrogatorio e poi al Marino”.

Era conosciuto al campo? “Certo. Scelsi Acquasanta perché conoscevo una persona del posto e per quelle due settimane abbiamo legato con tutti. Ogni volta che tornavo mandavo messaggi per chiedere cosa servisse. Eppure in caserma molte persone hanno negato di conoscermi, gente con cui mangiavo ogni giorno, di cui custodivo in tenda telefoni e computer. Salvo poi rimangiarsi tutto nel processo”.

Che idea si è fatto? “Non sappiamo se ci sono state segnalazioni sbagliate. Noi non abbiamo avuto alcun comportamento ambiguo, né avevamo le chiavi del deposito. Il nostro avvocato sta indagando per capire cosa sia successo".