Scontro tra Tornado ad Ascoli, battaglia legale

Parla il padre di Alessandro Dotto, uno dei quattro piloti morti nello schianto: "Voglio la verità su mio figlio"

Ascoli, l'incidente tra tornado del 2014

Ascoli, l'incidente tra tornado del 2014

Ascoli, 22 agosto 2016 - Lino Dotto il 19 agosto del 2014 ha perso il figlio Alessandro nel terribile incidente tra Tornado. Quel giorno morirono anche Mariangela Valentina, Pietro Paolo Franzese e Giuseppe Parlminteri. Lo scorso maggio la procura di Ascoli ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta.

Come avete accolto la richiesta di archiviazione?

«Purtroppo combattere contro un ente militare non è semplice, ma continueremo a far sentire la nostra voce per sapere la verità. I due periti che erano stati incaricati di analizzare quanto accaduto hanno trovato qualcosa che non quadrava. Non credo proprio si sia trattato di una fatalità, come invece qualcuno vorrebbe far credere. E’ stato fatto sicuramente qualcosa in modo frettoloso e abbiamo un ‘pool’ di avvocati che si sta occupando di fare chiarezza su questa vicenda. I nostri legali si sono opposti alla richiesta di archiviazione e vedremo come andrà a finire».

Ci sono speranze che sul caso venga fatta luce?

«Non credo proprio. Tutto si affievolirà, con il passare del tempo. Anzi, c’è il rischio che non se ne parli più. Comunque il 26 settembre saremo ad Ascoli, noi genitori dei quattro piloti, per discuterne in procura. Sono pessimista».

Ce l’ha con l’Aeronautica?

«No, no. Assolutamente. Anzi, devo ammettere che dal punto di vista umano l’arma ci è stata molto vicina in questi due anni. Anche il nuovo comandante della base di Ghedi, dalla quale i nostri figli erano partiti per quell’esercitazione, ha espresso tutta la sua solidarietà nei nostri confronti. Però dico solamente che è difficile far uscire la verità quando c’è di mezzo un ente militare. Tutto qui».

Che rapporto ha con i genitori degli altri tre piloti deceduti?

«Ci siamo sentiti ogni tanto per capire come intervenire. Ma niente di più. Non abbiamo rapporti di amicizia veri e propri, anche perché sono i nostri avvocati spesso a sentirsi fra di loro. I nostri figli erano insieme da poco e non abbiamo avuto tante opportunità per conoscerci di persona».

Lo scorso anno non partecipò alla commemorazione dei ragazzi, in occasione del primo anniversario della loro morte. Come mai?

«Credo che il dolore vada vissuto in maniera interiore. La propria sofferenza non va esternata agli altri. La comunità di Venarotta, e quella di Ascoli in generale, ci è sempre stata molto vicina. Questo devo ammetterlo. Però poi in queste circostanze c’è sempre il rischio che la commemorazione si trasformi in un giorno di festa, con bande al seguito e tante persone che non c’entrano niente ma che partecipano solo per un motivo di coscienza. E’ una situazione che non mi piace e per questo motivo decisi di non partecipare. Però, allo stesso tempo, ringrazio gli abitanti di Venarotta per tutto ciò che hanno fatto in quelle giornate difficili e per non aver mai dimenticato, in questi due anni, mio figlio e i suoi tre colleghi. Il mio dolore però non passerà mai».