Dopo gli eventi che ultimamente hanno visto al centro dell’attenzione la Caritas di San Benedetto, per via dei casi di violenza che hanno visto protagonisti alcuni ospiti e che hanno creato allarmismo tra i residenti, la situazione sembra essersi ridimensionata, per via dei provvedimenti disposti dalla stessa Caritas e delle forze dell’ordine. Ricordiamo la lettera di protesta degli abitanti del quartiere che, tra l’altro, ha prodotto l’arrivo di una troupe di Rete 4; l’incontro piuttosto sostenuto tra abitanti, Caritas e Comune; la riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica coordinato dal Prefetto Carlo De Rogatis, con la partecipazione del vicedirettore della Caritas Fernando Palestini e Chiara Verdecchia, poi il Questore Giuseppe Simonelli, il sindaco Antonio Spazzafumo, i vertici di polizia e carabinieri. Alla luce di questi sviluppi abbiamo visitato la sede della Caritas con la collaborazione del vice presidente Fernando Palestini ed abbiamo cercato di capire quali accorgimenti sono già operativi.
"Quello con il Prefetto è stato un incontro molto positivo – ha esordito Palestini –. Durante l’incontro ho manifestato il momento di difficoltà che vivono gli abitanti del Ponterotto e questo ci dispiace molto. Noi facciamo di tutto per limitarli poiché il benessere del quartiere è fondamentale. Ci scusiamo con loro, ma vogliamo far crescere le persone che ospitiamo e far crescere la loro dignità di uomo".
Palestini, come sono organizzati i servizi per aumentare la sicurezza?
"I carabinieri per due giorni consecutivi hanno disposto una pattuglia fissa nella Caritas per rendersi conto della situazione e a seguire carabinieri e polizia hanno intensificato i passaggi nella zona per tenerla monitorata. Da circa 10 giorni abbiamo disposto la chiusura serale della struttura ed abbiamo dotato i circa 40 ospiti, 12 che abitano nelle casette, 14 che abitano negli alloggi ai piani superiori della struttura, più quelli che non sono fissi, una quarantina in tutto, di un badge in modo che dopo le 19 solo loro possono entrare e noi abbiamo intensificato i controlli interni affinché non accadono più problemi con il quartiere".
Come sapete che questo sistema possa funzionare?
"A ciascun ospite abbiamo fatto firmare una carta dei servizi in cui si impegnano a non dare ad altri il badge, a non portare alcool e droga nella struttura, ecc. Insomma è fondamentale il rispetto del protocollo".
Si era ipotizzata la chiusura del dormitorio, cosa è stato deciso a questo proposito?
"Nell’immediato potrebbe essere pericoloso, poiché tutte le persone che ospitiamo si riverserebbero senza un punto di riferimento nella città. Stiamo studiando insieme all’Ambito sociale altre soluzioni che possano permetterci di trovare case di sgancio per i nostri ospiti che lavorano e che hanno una stabilità di vita. Vorrei far capire che per ogni persona che è accolta definiamo un progetto di impegno che ogni tre mesi controlliamo. Abbiamo un ufficio lavoro che si occupa della possibilità di trovare un’occupazione non solo per i nostri ospiti ma per i tanti che vengono al nostro centro di ascolto. Abbiamo iniziato la costituzione di un orto sociale e svolgiamo dei laboratori di pittura, scrittura, musica per avvicinare le persone accolte al bello stimolando la loro creatività. Stiamo organizzando, grazie a docenti in pensione, corsi di italiano ed altre materie per favorire sempre di più l’inserimento di questi giovani nella nostra società. Non è un percorso semplice ma è il nostro impegno quotidiano".
Marcello Iezzi