FLAVIO NARDINI
Cronaca

Zuppi al carcere di Ascoli: “Rieducazione possibile dando lavoro ai detenuti”. Ma numeri allarmanti

Convegno sul tema della speranza: “Guai a dimenticare i suicidi, l’obiettivo è recidiva zero”. Il garante dei diritti della persona delle Marche: “Sovraffollamento e carenza di personale”

Il cardinale insieme alla direttrice del carcere Daniela Valentini. Ieri al Marino è andato in scena il convegno sul tema ’Giustizia e speranza, carcere e territorio’ (Vagnoni)

Il cardinale insieme alla direttrice del carcere Daniela Valentini. Ieri al Marino è andato in scena il convegno sul tema ’Giustizia e speranza, carcere e territorio’ (Vagnoni)

Ascoli, 11 giugno 2025 – “La speranza è attraversare le difficoltà perché ovunque e per ognuno c’è un diritto alla luce e a un futuro diverso”. Con queste parole il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo metropolita di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha chiuso ieri nel carcere di Marino del Tronto il convegno sul tema ’Giustizia e speranza, carcere e territorio’, un momento di riflessione sulla realtà carceraria, organizzato dalla Diocesi di Ascoli, San Benedetto del Tronto, Ripatransone e Montalto. L’ospite d’onore era proprio il cardinale, che ha pazientemente atteso gli interventi di tutti i relatori, prima di sviluppare il suo momento di riflessione.

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L’abbraccio tra il cardinale Zuppi e il vescovo Palmieri (Foto Vagnoni)

Siete molto diversi e non è scontato mettersi insieme per parlare – ha detto Zuppi rivolgendosi a chi lo aveva preceduto e agli interventi con opposte visioni, dal Garante dei diritti della persona delle Marche Giancarlo Giulianelli al direttore del Dipartimento salute mentale territoriale Angelomarco Barioglio, passando per Rosa D’Arca dell’associazione ’Volontari in carcere’ al vescovo Palmieri, fino al sindaco Marco Fioravanti e l’assessore regionale Filippo Saltamartini –. Il dibattito così si fa più interessante senza scadere nelle ideologie. Chi entra qui a volte perde la speranza, ma la deve trovare. Il territorio fa la differenza”.

La parola d’ordine della mattinata è stata rieducazione. Un concetto difficile pensando alle condizioni delle nostre carceri: “C’è ignavia nel sistema penitenziario delle Marche che soffre di sovraffollamento nelle carceri e un insufficiente numero di agenti e personale sanitario – la sentenza del garante Giancarlo Giulianelli – Nelle Marche sono detenute 967 persone a fronte di una capienza complessiva di 840. A questo si aggiunge la carenza di personale. È importante il lavoro per la rieducazione, una scelta che un detenuto può cogliere per cambiare la propria vita. C’è un progetto per poter inserire i detenuti nei cantieri del terremoto dopo un corso di formazione e ci sono imprese pronte ad accoglierli”.

Il lavoro come fattore chiave è stato portato ad esempio anche da Zuppi, che ha indicato come carcere modello quello di Bologna dove “c’è una fabbrica dentro. E’ stata fatta da quattro imprenditori che si sono uniti e così chi dimostra di saper lavorare dentro, una volta fuori, sarà assunto. Ma non è facile come sembra. La speranza ha un prezzo, bisogna investirci nella speranza. Purtroppo, solo il 24% dei carcerati italiani è impegnato in attività lavorative. È troppo poco, come sono pochi gli educatori impegnati negli istituti di pena. Su questo dobbiamo fare tutti di più, in special modo i Ministeri di Giustizia e della Salute che devono comunicare fra loro di più e meglio””.

Giorgio Rocchi, direttore della Caritas di Ascoli, ha introdotto i vari interventi, ricordando il motto della polizia penitenziaria: “Despondere spem munus nostrum, che significa ’Garantire la speranza è il nostro compito’”. Speranza, quella di cui ha parlato il vescovo Gianpiero Palmieri: “Perché ci sono tanti motivi per averla anche qui, in un posto con tante problematiche. Questo non deve essere solo un luogo di espiazione, ma di riparazione”. La direttrice del carcere, Daniela Valentini, ha evidenziato “il percorso fatto da alcuni detenuti che hanno colto opportunità, non bisogna demordere”. Secondo il sindaco Marco Fioravanti la speranza “può nascere nei luoghi di dolore”, mentre l’assessore Filippo Saltamartini ha parlato della sua passata esperienza in polizia: “Mettere una persona dietro le sbarre è stata un’esperienza traumatica che ancora porto dentro, ma dobbiamo saper distinguere tra il male e chi vuole essere rieducato”. Gli ha fatto eco il direttore dell’Ast, Antonello Maraldo: “Ricordo ancora la mia prima visita in un carcere durante una gita universitaria. Non si scorda facilmente”.

Il direttore del Dipartimento salute mentale territoriale Angelomarco Barioglio si è poi soffermato sui problemi dell’Atsm (Articolazione per la Tutela della Salute Mentale): “La difficoltà di queste strutture è crescente. Ad Ascoli ci sono problemi gravi e questo rende difficile poter garantire l’opera terapeutica ai pazienti del carcere dove ci sono molti soggetti con patologie psichiatriche: causa principale l’insufficienza del personale e delle risorse. Purtroppo abbiamo avuto episodi sempre più frequenti di aggressioni ad agenti della polizia penitenziaria e a sanitari. Auspichiamo quindi attenzione e collaborazione dai Ministeri della Giustizia e della Sanità, prima che la situazione degeneri”. Un pericolo messo in evidenza anche dal garante Giulianelli: “Prima o poi rischiamo di piangere qualcuno”.

Rosa D’Arca, dell’associazione ’Volontari in carcere’, si è soffermata sull’esperienza dei volontari, e di quanto sia importante questo ruolo per chi è dietro le sbarre: “L’apertura del Giubileo nel carcere di Rebibbia da parte di Papa Francesco è stato un momento potentissimo. Il volontario diventa punto di riferimento, l’ascolto presuppone la sospensione del giudizio”.

“Il giudizio va sospeso, sì – ha aggiunto Zuppi –, ma non per questo bisogna dimenticare cosa è stato fatto in precedenza. Semmai bisogna rendere possibile che quanto successo non diventi l’ultima parola. L’obiettivo ambizioso deve essere la recidiva zero, dobbiamo fare di tutto”. Sul fenomeno dei suicidi il cardinale ha rimarcato: “Sono come i morti sul lavoro, ci colpiscono nell’immediato, ma poi tendiamo a dimenticarcene, ci abituiamo, ma sono talmente in aumento che non possiamo non interrogarci sul perché accadono”.