MATTEO PORFIRI
Economia

“Io alla Beko da 27 anni, voglio continuare qui: è tornata la speranza”

Lunedì un nuovo vertice a Roma. La recente apertura dell’azienda ha lasciato intravedere più di uno spiraglio sul futuro della fabbrica. Gianni Di Somma: “C’è meno tensione, litigavamo anche tra noi”

Gianni Di Somma, dipendente di 52 anni e con una famiglia da portare avanti

Gianni Di Somma, dipendente di 52 anni e con una famiglia da portare avanti

Comunanza (Ascoli), 8 febbraio 2025 – “Fino a pochi giorni fa gli unici discorsi, tra noi operai, riguardavano le sorti dell’azienda e si finiva spesso per litigare. Da una settimana, invece, nei momenti di pausa siamo tornati a parlare anche di calcio e lavoriamo con maggior serenità”. Le parole di Gianni Di Somma, dipendente di 52 anni e con una famiglia da portare avanti, dimostrano che si respira un’aria profondamente diversa alla Beko di Comunanza, dopo il tavolo al Ministero dello scorso 30 gennaio. Un incontro, quello, che ha lasciato intravedere più di uno spiraglio positivo sul futuro della fabbrica. Il rischio chiusura sembra scongiurato e se ne saprà di più dopo il prossimo vertice, sempre a Roma, previsto per lunedì. Intanto, però, da parte dei lavoratori c’è maggior fiducia per il futuro.

Di Somma, che si aspetta dai prossimi incontri?

“Voglio essere speranzoso, perché l’apertura ad una trattativa da parte di Beko Europe, lo scorso 30 gennaio, è stata importante. Abbiamo vissuto mesi davvero complicati, nei quali tanti hanno avuto paura di perdere il proprio posto di lavoro. Io sono tra questi. Dopo 27 anni di fatica, sudore e sacrificio all’interno di questa fabbrica, ho temuto seriamente di dovermi trovare un’altra occupazione per poter arrivare alla pensione. Invece, adesso spero di guadagnarmi il pensionamento continuando a lavorare qui. Anche perché sono in quella fascia di età che rende difficile un inserimento in altri ambiti professionali. Parliamoci chiaramente: chi assumerebbe uno di 52 anni?”.

Che atmosfera c’è in questi giorni in fabbrica?

“Sicuramente si respira una maggior serenità rispetto a una settimana fa. C’è meno tensione. E si parla anche di altro. Il clima, in questi mesi, è stato davvero teso e quotidianamente si litigava tra noi operai. Anche la decisione relativa all’adesione a uno sciopero, ad esempio, creava fazioni e malumori. Questa situazione ci aveva messi gli uni contro gli altri. Ora le cose sembrano andare meglio, anche se la battaglia non è ancora vinta”.

Lei come ha vissuto questo periodo di incertezza?

“Dico la verità: ho temuto di dover lasciare Servigliano, il mio paese. Se chiude la Beko a Comunanza, infatti, si spopolano tutti i comuni dell’entroterra. Non potrebbe essere altrimenti, perché questa fabbrica dà lavoro alla maggior parte delle famiglie che vivono in questi territori”.

Pertanto, qual è il suo appello in vista dell’incontro di lunedì?

“Mi auguro che oltre a scongiurare la chiusura dello stabilimento si pensi anche a potenziarlo. Spero vengano fatti progetti a lungo termine, pensando a chi verrà dopo di noi. Io tra qualche anno andrò in pensione, ma occorre pensare anche ai tanti colleghi giovani. Senza lavoro, sui Sibillini, non c’è futuro”.