Elezioni comunali San Benedetto 2021, Piunti vuole il bis. Ma c’è il rebus scontenti

E' favorito il sindaco uscente di centrodestra. Lo sfidano quattro candidati: un imprenditore ha il sostegno degli ex forzisti

Pasqualino Piunti, 69 anni, è sindaco di San Benedetto del Tronto dal 2016

Pasqualino Piunti, 69 anni, è sindaco di San Benedetto del Tronto dal 2016

San Bendetto del Tronto (Ascoli Picenop), 28 settembre 2021 - Anche per la riviera delle palme sarà un autunno di voto. I cittadini di San Benedetto del Tronto, dopo cinque anni di amministrazione di centrodestra, saranno chiamati a confermare il sindaco uscente Pasqualino Piunti (Forza Italia) oppure a scegliere tra uno dei quattro candidati alternativi. A sfidare il primo cittadino azzurro sono l’imprenditore Antonio Spazzafumo, la dottoressa Aurora Bottiglieri, l’avvocato Paolo Canducci e il geologo Serafino Angelini.

Spazzafumo è leader della coalizione Libera, che accoglie cinque liste: presentatasi mesi fa come la squadra degli ‘scontenti’ di Piunti, Libera è sostenuta principalmente da Italia Viva, da ex forzisti che hanno deciso di prendere le distanze dal partito di appartenenza e in generale candidati civici appartenenti al mondo dell’imprenditoria. Bottiglieri, pediatra, è la scelta ufficiale del Pd, che assieme ad Articolo Uno ed un’altra civica tenterà di strappare lo scettro a Piunti, che ha governato la città dopo 10 anni di centrosinistra. A sostegno di Canducci, invece, si presentano i Verdi, Azione e Socialisti, assieme ad una minoranza del Pd e Articolo Uno. Infine, Angelini è il candidato designato dal Movimento Cinque Stelle e da una squadra che accoglie Rifondazione Comunista, Sinistra Italiana ed ex Sel. La destra, dal canto suo, marcerà compatta su Piunti, che con un certosino lavoro di posizionamento è riuscito a mettere d’accordo Lega, Fratelli d’Italia, UdC, Noi con l’Italia e Popolo della Famiglia, oltre al partito di Berlusconi.

I due poli non potrebbero presentare situazioni più diverse: da una parte l’elettorato di centrosinistra è diviso su almeno tre fronti, mentre la destra si è schierata, nonostante le prevedibili diatribe interne, compatta su un unico nome. Dato il successo di Fratelli d’Italia alle elezioni regionali dello scorso anno, si può presumere che i meloniani abbiano le carte per diventare il primo partito della città: primato che dovranno contendersi con un Pd dal simbolo ancora forte, ma indebolito da problemi annosi. In primis, i democrat scontano la divisione che portò alla debacle del 2016, e che vede due ex sindaci, Paolo Perazzoli e Giovanni Gaspari, puntare su due cavalli differenti, ovvero Aurora Bottiglieri e Paolo Canducci. Il problema più grande, però, è che in cinque anni di opposizione il Pd ha visto la perdita dei renziani – con l’allontanamento del bacino elettorale di Fabio Urbinati e Margherita Sorge – e persino un commissariamento, che di certo non ha giovato al partito.  

Premettendo che una vittoria al primo turno di Piunti non è ipotesi da accantonare, lo scenario più quotato vede il sindaco uscente andare al ballottaggio con Antonio Spazzafumo: al secondo turno, il fondatore di Linea Ufficio potrebbe vincere attraendo i voti della sinistra. Da non sottovalutare, peraltro, è la possibilità che Canducci possa battere i competitor e arrivare in volata al secondo turno: l’ex assessore all’urbanistica può contare solo su tre liste, in cui però sono state concentrate le correnti di Gaspari, così come di Pietro Colonnella, sottosegretario agli affari regionali nel secondo governo Prodi. Per la Bottiglieri la strada è tutta in salita, anche perché solo la lista del Pd è effettivamente composta da 24 nomi. Ciononostante, i democrat punteranno sulla forza del simbolo e la candidatura femminile dal chiaro impegno sociale. I Cinque Stelle, infine, rappresentano una vera e propria incognita. A pesare sfavorevolmente sarà l’assenza nell’ultima consiliatura: nel 2016, infatti, i 5s non concessero il simbolo agli stellati rivieraschi, che quindi non si presentarono alle elezioni. Oggi, però, sono in molti a rimpiangere l’esperienza governativa di Giuseppe Conte: la partita, in definitiva, non potrebbe essere più aperta.