I graffitari ci costano centomila euro. "Una colletta per pulire i muri privati"

Castelli propone di istituire un fondo. E va ancora all’attacco

Ecco come è ridotta rua Pietro Dini tra tag e graffiti (foto La Bolognese)

Ecco come è ridotta rua Pietro Dini tra tag e graffiti (foto La Bolognese)

Ascoli, 9 maggio 2016 - «Una taglia su chi imbratta la città? È un’ipotesi da valutare. Se dovesse servire, siamo pronti anche a questo». Il sindaco Guido Castelli si dice disposto anche a fare lo sceriffo pur di stanare chi sfregia Ascoli con graffiti e tag. Il tema lo ha rilanciato lui dopo che il Comune aveva ripulito per l’ennesima volta la statua del Cristo sulla collina del Sacro Cuore.

In un post su Facebook, Castelli si è scagliato contro i deficienti con la bomboletta – così li ha chiamati – auspicando la collaborazione di chi li conosce per scovarli. E ieri della questione ha parlato sul Carlino anche Dante Fazzini, il professore-artista che da mesi è diventato simbolo della battaglia partita dal basso contro gli imbrattatori. Lui, Fazzini, chiede al sindaco di non fermarsi alle parole. E Castelli, dal canto suo, rilancia l’azione del Comune, che in questi giorni è ancora impegnato sul fronte della ripulitura (oggi toccherà alle magistrali).

«Da parte nostra – dice – abbiamo sempre e più volte ripulito le superfici degli edifici pubblici imbrattate. Per noi è un obbligo, perché altrimenti sarebbe il primo segno di resa. Direi che abbiamo speso almeno centomila euro per i vari interventi al chiostro di San Francesco, piazza del Popolo, ponte di Cecco che era totalmente tatuato, quattro volte il Cristo del Mancini, lo Spontini, il ponte romano e via dicendo. Insomma, ad oggi le superfici pubbliche le abbiamo pulite tutte e le ripuliremo se sarà necessario. Il secondo tema è stato quello di intervenire con la street art dove possibile, da Monticelli al centro storico, fino a via Colombo. E la street art vuole essere una mano tesa verso coloro che possono sbagliare ma che hanno a cuore la possibilità espressiva. Abbiamo insomma cercato di lanciare un ponte, ovviamente non ai graffitari, che rappresentano una forma di teppismo. Peraltro loro hanno una legge non scritta in base alla quale se vedono un muro disegnato non lo imbrattano. Quindi da un lato abbiamo voluto dimostrare a quelli di loro che vogliono esprimersi creativamente che noi lo consentiamo in modo regolato, dall’altro abbiamo evitato che quei muri, grazie ai disegni, venissero di nuovo imbrattati. L’altra direttrice sulla quale ci siamo mossi è il recupero urbano: penso alla pescheria, a palazzo Pacifici, alla zona dell’ex Gil. Più fai recupero urbano, meno mura diroccate ci sono e meno i graffitari si scatenano».

E poi c’è il capitolo delle telecamere, un antidoto che difficilmente può essere risolutivo perché chi imbratta tende ovviamente a coprirsi il volto. «Pur essendo stati ripresi in azione con la bomboletta – ricorda Castelli – due ragazzi sono stati poi assolti in tribunale perché le immagini non erano chiare. Insomma, la videosorveglianza non basta, e comunque la potenzieremo lo stesso spendendo 130mila euro. Insomma, cerchiamo di fare tutto il possibile e vogliamo combattere colpo su colpo. Fazzini dice di sapere chi sono gli imbrattatori? Beh, venga a dirci i nomi. Io apprezzo le varie azioni culturali, apprezzo anche quella di Fazzini, ma ci vuole uno sforzo corale e concreto per fermare questa gente. Va bene anche mettere una taglia sui vandali, ripeto, se può servire a qualcosa. Intanto butto là una proposta: visto che indurre i privati a ripulire i loro muri sporchi non è facile, perché non istituire un fondo, una sorta di colletta pubblica? Io i soldi ce li metto».