Serafino non vuole mollare la Samb

Ha presentato ieri in tribunale la richiesta di concordato: se venisse accettata addio fallimento pilotato

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Domenico Serafino è come Hiroo Onoda, il giapponese che restò nella giungla delle Filippine fino al suo arresto nel 1974, perché si rifiutava di credere alla fine della Guerra Mondiale. Un giorno prima della prima udienza fallimentare fissata per oggi alle 12, Serafino ha giocato la sua ultima carta. Chiede centoventi giorni per presentare una domanda di concordato in bianco (quando la legge ne prevede sessanta). Per lui sarebbero giorni fondamentali, e li sfrutterà per provare a vendere il club. Nel frattempo, però, la procedura di fallimento per i tempi notevolmente più brevi rispetto alla normale prassi, andrebbe a farsi benedire. A questo punto non rimarrebbe che sognare lo sceicco (o l’avventuriero), il quale, invece di acquistare il club da un tribunale (con i conti in ordine), si dovrebbe affidare al pallottoliere debitorio di Serafino. Quella del concordato in bianco è una novità normativa introdotta col Decreto Sviluppo del 2012, con la quale l’imprenditore ha facoltà di depositare un ricorso per concordato "con riserva" o, appunto, "in bianco", contenente semplicemente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, senza l’obbligo di allegare un piano d’accordo con i creditori o l’ulteriore documentazione normalmente necessaria. E Serafino, proprio ieri, ha depositato questa domanda, incredibilmente completa di bilancio. Ora ha come minimo sessanta giorni di tempo per beneficiare dei cosiddetti effetti "protettivi" che sarebbero garantiti dalla presentazione di una domanda di concordato completa. Di conseguenza, Serafino avrà tempo e modo di predisporre la proposta di concordato preventivo oppure di un piano di ristrutturazione dei debiti. Già, perché questo tipo di ricorso dà la possibilità di aprire una procedura di risanamento senza che il piano sia presentato in sede di domanda. Questo verrà discusso nei giorni seguenti, e per usufruire di tali agevolazioni il debitore dovrà mostrarsi trasparente e accettare la vigilanza del tribunale. Se allo scadere del termine il debitore non propone un piano ammissibile secondo la legge, il tribunale può dichiarare il fallimento su istanza di un creditore o del pubblico ministero. Altrimenti, la procedura va avanti e alla fine i creditori votano se accettare o rifiutare la proposta del debitore, spingendolo verso il fallimento. A seguito di questa procedura, i dati dicono che il 50% delle aziende alla fine falliscono. Infine, non è detto che oggi i giudici accettino di accogliere il concordato e anzi potrebbero ritenerlo inammissibile. Potrebbe configurarsi, infatti, un’ipotesi d’abuso di diritto, poiché la domanda non verrebbe presentata per regolare la crisi d’impresa ma con lo scopo di differire la dichiarazione di fallimento (Serafino deve dei soldi ai creditori da agosto e ora prospetta domanda di concordato un giorno prima dell’udienza fallimentare).

Pierluigi Capriotti