{{IMG_SX}}Sestola (Modena), 26 luglio 2007 - Signori si nasce e Mister si diventa. Unendo l’utile al dilettevole. Beppegol è andato a Coverciano a fare il bomber nella Rappresentativa dell’Assocalciatori, che suona meglio di Nazionale Disoccupati. E non ha perso il vizio: ha segnato abbastanza (anche in finale con la Slovenia) per vincere il campionato europeo dei Senza Contratto.


Ma non è questo il punto: «Sono venuto qui per mettermi un po’ in forma pensando alle offerte che stanno arrivano da Cina e Giappone più che a quella della Carrarese. Poi, è cambiato il mondo, il mio s’intende, e adesso mi auguro che da laggiù arrivino solo offerte che si possono rifiutare».


Perché Signori ha deciso di diventare Mister, di dedicarsi, cioè, al mestiere per il quale, mentre giocava, diceva di non essere tagliato: «Direttore sportivo forse sì, allenatore proprio no». Infatti: «Entro in ritiro e mi dicono che esiste la possibilità di seguire il corso per diventare allenatore di Terza categoria che ti dà la patente per guidare i Settori giovanili e le squadre dei Dilettanti. Vabbè, mi dico, facciamo ‘sto corso, così mi passa meglio anche il tempo fra un allenamento e l’altro».


Colpo di fulmine: «E’ appassionante, divertente, mi ci sono buttato a capofitto e credo che andrò fino in fondo, fino al Master, che è quello che ti permette di allenare in serie A». Laurea breve per chi ha qualche medaglia al petto: «A chi come me ha giocato una fase finale dei Mondiali è consentito iscriversi subito al corso per allenatori di Seconda categoria, quello che apre le porte della serie C, ma in caso di promozione, vedi la storia di Giampaolo con l’Ascoli, anche della serie B e della serie A. E io mi sono già iscritto. Il prossimo anno, in questa stagione, potrei essere in ritiro un’altra volta, ma per andare dove non mi sono mai accomodato volentieri: in panchina».

 

Beppe Signori, trentanove anni, di nuovo nella mischia. Meglio così, meglio matricola degli allenatori che vecchio Buffalo Bill in giro per il mondo a strappare l’ultimo contratto: «Da giocatore pensavo che mai avrei voluto avere a che fare con venti tipi come me. Frequentando il corso, invece, ho capito che è un altro il concetto dominante: bisogna spremere il meglio di ciò che ogni allenatore ti ha insegnato e miscelarlo con un ingrediente indispensabile: la propria personalità».


Qualche esempio: «Mazzone è impareggiabile nella gestione del gruppo. Zeman è il migliore negli schemi d’attacco, Guidolin nel mettere pressione e costringere gli avversari a giocare male».

 

Il Bologna. Avrebbe dovuto incontrarlo oggi pomeriggio (ore 17), qui a Sestola, ma l’appuntamento è saltato. Va a Birmingham con il Resto del Mondo a sfidare l’Inghilterra, mica la partitella del Cral aziendale: «Vorrà dire che non giocherò più contro il Bologna. Ma adesso che studio da allenatore posso coltivare un nuovo sogno: quello di esserne, un giorno, il Mister. Mi piace darmi un punto d’arrivo: lo facevo sempre da giocatore e inizio a farlo subito in questa nuova veste».


Tiene alto il mirino, pensando alle carriere fulmine di Ancelotti e di Mancini: «Non è presunzione pensare di salire la scala in fretta. E’ che aver giocato ad alti livelli effettivamente aiuta a capire in fretta la nuova materia. E aver smesso di giocare da poco aiuta a ricordare il linguaggio migliore da adottare dentro lo spogliatoio».

Il Bologna che sta nascendo gli piace: «Mi pare che Arrigoni voglia una squadra tosta, ma anche forte tecnicamente e fortissima mentalmente. E’ giusto così: sono gli ingredienti necessari per vincere. E il Bologna quest’anno deve vincere». Uno è stato Beppegol per vent’anni poi, all’improvviso, si autoelimina e diventa allenatore. Mica facile. Anzi, impossibile: «Ma una punta che faccia i gol che facevo io e che poi ha fatto Bellucci la comperano, vero?».
Chi lo sa? «No dai, la devono prendere. Perché una cosa la devono sapere tutti gli allenatori del mondo: per vincere le partite ci vogliono quelli che la mettono dentro».