{{IMG_SX}}Bologna, 20 agosto 2008 - "Sono uno sportivo, non amo i riflettori e non mi vedrete mai all’Isola dei famosi. Ora vado in vacanza poi torno ad allenarmi perché ci sono i Giochi del Mediterraneo". Le sirene dell’improvvisa popolarità non lo attirano proprio. Il campione Andrea Minguzzi ha lasciato Pechino con al collo la medaglia d’oro per la lotta greco-romana e non ha fatto in tempo a mettere piede in Italia che era già inseguito da flash e taccuini. Ora è nella sua casa imolese e ha una gran voglia di normalità: famiglia, palestra e amici. "Spengo il cellulare e vado a riposarmi", dice ancora frastornato dal viaggio e dal fuso orario.

 

Ha messo piede in via Serraglio alle quattro del mattino. Con lui la madre Celestina e la sorella Valentina, anche lei lottatrice. Sulla porta di casa, ad attenderlo gli altri tre fratelli e papà Massimo, ex campione (seppur non ai livelli di Andrea) della stessa disciplina. Fra padre e figlio poche parole come sempre e una stretta di mano: sono persone concrete i Minguzzi, non hanno bisogno di smancerie per dimostrarsi affetto. Proprio il padre è stato il primo maestro di Andrea nella piccola palestra della Placci Bubano, a Mordano. Poi l’approdo alla gloriosa Cisa Faenza, a 11-12 anni, con maestri il leggendario olimpionico Vincenzo Maenza e Gian Matteo Ranzi, bronzo a Monaco ’72. Quattro anni fa l’approdo alla polizia, a Roma nella squadra delle Fiamme Oro. Una lunga strada di sudore e passione che, passando per un’Olimpiade sfortunata ad Atene e due medaglie di bronzo agli Europei, è arrivata fino al trionfo di Pechino. Il Comune ha tappezzato la città di striscioni e manifesti e nei prossimi giorni consegnerà a Minguzzi il Grifo, la massima onorificenza. Quando, ancora non si sa. L’olimpionico ha chiesto un po’ di tempo per riordinare le idee e individuare il giorno migliore.

Tutti la cercano, ma si è reso conto di quello che è successo?
"Non ho ancora avuto il tempo di pensarci e non ho nemmeno rivisto la gara. Stanotte avrò dormito si e no un’ora. Adesso voglio spegnere il cellulare e starmene un po’ da solo. Poi andrò in Spagna con un amico e fino a ottobre mi riposo".

Come sta vivendo tutta questa popolarità?
"E’ bello che venga riconosciuto quello che ho fatto, ma io sono di poche parole, un po’ timido. Mi piace fare sport, non stare sul palcoscenico. Non farei mai l’Isola dei famosi".

Imola le sta preparando una grande festa.
Sorride: "Faremo anche questa".

Come si allena un lottatore?
"Sei-sette ore al giorno fra pesi, resistenza e tecnica. Mi resta poco tempo libero, faccio una vita quasi monacale".

Di lotta si vive?
"Vengo pagato per questo, ho uno stipendio normale dal gruppo sportivo della polizia con cui mi alleno a Roma. Chiaro che i soldi delle Olimpiadi mi faranno comodo: ce ne vorrà di tempo per spendere 90mila euro o quelli che saranno. Non ho ancora fatto i conti ma mi prenderò una casa, forse a Imola".

E’ uno sport duro, doloroso?
"E’ più facile rompersi i legamenti crociati giocando a calcio che farsi male nella lotta. E’ uno sport completo che insegna molte cose anche a livello mentale".

Il nuotatore Michael Phelps ha detto che mangia 12mila calorie ogni giorno. E Andrea Minguzzi?
"Quando non c’è un torneo in vista mangio di tutto, a volontà. Nelle settimane prima di una gara invece devo stare a dieta per rientrare nel peso, come fanno anche i pugili. Non è che mi diverta ma non è un problema".

Quali erano le sensazioni il giorno della gara, quando ha capito che poteva vincere?
"Agli ottavi, contro il francese mi veniva tutto benissimo. Ho vinto di misura ma faccio sempre così, non rischio quando non è necessario. Dopo ho battuto il russo (Mishin, campione olimpico in carica, ndr) e ho capito che potevo farcela".

Non è che alcuni l’hanno un po’ sottovalutata?
"Sicuramente. Pensavano di avere davanti il solito italiano sempre battuto. La prossima volta sarò io l’uomo da battere e sarà più difficile. Ma voglio un’altra medaglia".