{{IMG_SX}}ARRIVO’ in bicicletta a Decima di Persiceto, di notte, sotto una pioggia battente. Appena in tempo per gridare a suor Caterina Elkan di scappare. La religiosa, ebrea di origine e madre dell’onorevole Giovanni Elkan partorito prima di convertirsi e consacrarsi a Dio, stava per salire su un auto delle Ss, ignara di essere condotta nei campi di concentramento. Si salvò proprio grazie all’intervento di padre Olinto Marella e, il giorno dopo, telefonò in convento per ringraziare il francescano, ma ebbe una sorpresa, a dir poco straordinaria. I religiosi che le risposero al telefono comunicarono che era impossibile che lei avesse visto don Marella a Decima: secondo la loro testimonianza, infatti, padre Olinto aveva passato tutta la notte in loro compagnia, senza muoversi da Bologna. Come poteva essere contemporaneamente a Bologna e a pochi chilometri da Ferrara?
L’episodio, avvenuto nel 1943, inedito e di presunta bilocazione di quella che resta la figura simbolo della carità della Chiesa bolognese nei confronti dei poveri, è stato raccontato l’altra sera, da padre Elia Facchini, postulatore della causa di beatificazione di don Marella. L’occasione è stata offerta dalla presentazione in cappella Farnese del libro ‘Il Vangelo della carità’, dedicato a padre Olinto, a 40 anni dalla sua morte. «Questo fatto — spiega il postulatore — è la dimostrazione di quanto sia stato straordinario don Marella. Ma, dall’altra parte, quando accettai l’incarico nel 1994, il cardinale Giacomo Biffi me l’aveva detto: ‘Mettiti al lavoro, perché qui c’è qualcosa di grosso. Se è stata una persona santa salterà fuori, se fu un uomo eccezionale, verrà a galla’».

LA FASE diocesana della causa di beatificazione di padre Marella sdi è aperta nel 1996 ed è stata chiusa dall’arcivescovo Carlo Caffarra nel 2005. Ora le carte sono in mano alla Congregazione per le cause dei santi, chiamata a pronunciarsi sul caso ed è chiaro che la vicenda di Decima può essere un elemento nuovo a sostegno della beatificazione. Per i bolognesi, comunque, padre Marella non solo è già beato, ma santo. «Questo è l’aspetto più importante al di là del giudizio della Curia romana», confida padre Elia che ebbe la fortuna di stare al fianco del terziario francescano.
Ma le beatificazioni non si fanno «con le acclamazioni di piazza». A ricordarlo, davanti a 250 persone accorse in cappella Farnese, è il vescovo ausiliare Ernesto Vecchi, da sempre prudente sulla beatificazione di padre Olinto. «E’ necessario seguire l’iter, ancora lungo, della Congregazione per le cause dei Santi — continua il monsignore — e sperare che il caso della guarigione di Piero Nobilini venga certificato come un miracolo. Solo così il processo potrà avere un’accelerazione e concludersi positivamente».


CON QUESTE parole l’ausiliare ha voluto anche frenare il presidente dell’Opera Marella, Niccolò Rocco di Torrepadula che, nei giorni scorsi, aveva parlato di una beatificazione «sempre più vicina», anche se saranno necessari «dei mesi o degli anni». Ma al di là della tempistica e dell’eventuale beatificazione, padre Marella resta per Vecchi un esempio di «santo moderno», perché «seppe coniugare una straordinaria cultura con una passione contagiosa per la carità. Ci ha insegnato che il vero tesoro è nei poveri». Dal convegno è anche emersa l’immagine di don Olinto come precursore del Vaticano II. E, nello specifico, della costituzione Dei verbum per il suo impegno nella diffusione della lettura della Bibbia anche tra i laici, e della Sacrosantum concilium in virtù della Messa che vedeva come partecipata il più possibile da tutto il popolo di Dio. Don Maurizio Tagliaferri, invece, ha dimostrato l’infondatezza dell’accusa di modernismo ai danni del ‘santo dei bolognesi’. A tal proposito, va ricordato che padre Marella fu ‘sospeso a divinis’ nel 1909 e riabilitato nel 1925.