Morte di Alice Gruppioni, condannato per omicidio l’investitore

Nathan Louis Campbell è stato riconosciuto colpevole. Ora rischia fino all’ergastolo. Il padre: "E' responsabile anche chi non ha messo in sicurezza l'area"

Alice Gruppioni con il marito Christian Casadei

Alice Gruppioni con il marito Christian Casadei

Washington, 6 giugno 2015 - E’ stato riconosciuto colpevole di omicidio di secondo grado (preterintenzionale) il 39enne Nathan Louis Campbell che il 3 agosto del 2013 si gettò con l’alto contro un gruppo di persone sulla spiaggia di Venice a Los Angeles uccidendo l’italiana 32enne Alice Gruppioni in luna di miele con il marito Chirstian Casadei. Rischia fino all’ergastolo.

La pena sarà stabilita in un’altra udienza il prossimo 5 agosto. L’accusato aveva raccontato a un homeless che voleva investire uno spacciatore che non gli aveva dato delle metanfetamine dopo che lui gli aveva dato 35 dollari, rivelo’ all’epoca il Los Angeles Times. «Diglielo, ci passo sopra a quelli lì», aveva detto a un clochard prima di salire in macchina. Oltre alla vittima italiana, 17 persone erano rimaste ferite. Per la difesa, Campbell non voleva investire la gente. Alice Gruppioni, 32 anni, era una dirigente del gruppo Sira di Pianoro e figlia del manager della stessa azienda Valerio Gruppioni, già vicepresidente del Bologna. Si era sposata il 20 luglio con Christian Casadei, architetto di Cesena, e si trovava a Venice Beach in viaggio di nozze. Il 3 agosto era il loro ultimo giorno negli Stati Uniti. Di fronte al tribunale di Los Angeles, Christian aveva raccontato, trattenendo a stento le lacrime, di come Alice era stata investita dall’auto di Campbell mentre lui cercava di tirarla in un portone. Era rimasta per qualche centinaio di metri aggrappata al cofano, poi era caduta a terra, battendo la testa e riportando un trauma cranico fatale. Era morta lì sul posto, fra le braccia del marito. Campbell era fuggito, ma si era arreso alla polizia due ore dopo a Santa Monica.

La famiglia Gruppioni aveva intentato una causa civile contro la contea di Venice Beach, accusandola di non avere protetto adeguatamente il marciapiede del lungomare dalle intrusioni di veicoli.

«Siamo grati al lavoro del procuratore generale Victor Avila - dice il padre Valerio Gruppioni - riguardo l'assassino ci concentriamo sulla perdita di Alice, che è il solo vero incubo che non terminerà mai. Per quanto possibile, coi mezzi che ci sono dati per farlo la giustizia non avrà fatto il suo corso fino a che non avranno pagato tutti quelli che hanno permesso questo omicidio». E in particolare chi lo ha permesso «non mettendo in sicurezza il luogo del delitto. Sicurezza minima che un'amministrazione deve garantire per i suoi cittadini e per le tante persone che vanno negli Stati Uniti, pensando a un paese che garantisce la loro incolumità».

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