Agricoltura, sfida tra bio e chimica

La lettera, Risponde il condirettore del Carlino Beppe Boni

Bologna, 6 settembre 2019 - Non riesco a capire le differenze, con conseguenti speculazioni economiche, fra agricoltura biologica e chimica. Il modo di lavorare la terra, curare i frutteti, deve essere uno solo senza contributi chimici o altri prodotti dannosi alla salute. Perché non viene sanzionato chi adotta procedure deleterie? Così esisterebbe solo l’ agricoltura sana. Invece per interessi economici si definisce biologica ciò che dovrebbe essere la la normalità. Lauro Livi, Rimini 

Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni

Il rapporto tra chimica e agricoltura è di amore e odio: la chimica ha aumentato la produttività dei campi e la difesa delle colture, ma può anche essere la causa di elementi inquinanti. Va però sottolineato che per la maggior parte della chimica autorizzata dalla comunità scientifica gli studi non hanno rilevato grossi e diretti e impatti sulla salute umana. Certo, meno chimica si utilizza e meglio è. L’agricoltura moderna si basa però molto sull’immissione di energia esterna al sistema con fitofarmaci, fertilizzanti, ingegneria genetica per agevolare le coltivazioni intensive in alternativa a quelle estensive. Se parliamo di salvaguardia della salute umana dipende da come e da quanto la chimica è utilizzata. Se c’è moderazione non c’è pericolo. Certo, l’agricoltura bio è più sana anche se meno produttiva in termini quantitativi. Infatti sfrutta la naturale fertilità del suolo, prevede interventi limitati escludendo prodotti di sintesi e organismi geneticamente modificati. Il bio ci rassicura, ma non dobbiamo farci spaventare troppo dalla chimica.

Beppe.boni@ilcarlino.net

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