Fascino e carriera

Il commento di Beppe Boni

Bologna, 18 marzo 2019 - La divisa oggi ha fascino, non c’è dubbio. Molto più di quanto non accadesse qualche decennio fa, quando un’ideologica interpretazione del pacifismo a senso unico faceva vivere con distacco a una parte dell’Italia tutto ciò che aveva a che fare con le Forze armate. Una elegante spallata alle vecchie ruggini contribuì a darla il Presidente Carlo Azeglio Ciampi, quando nel 2000 reintrodusse la Festa della Repubblica corredata dalla parata militare a Roma con qualche accorgimento: carri armati su ruote di gomma per non danneggiare le strade, aerei a quota mille metri per non far tremare palazzi e antiche vestigia della capitale. Poi gran sfarzo di soldati e di soldatesse, in quell’anno alla loro prima passerella accanto a truppe internazionali Nato, simbolo delle missioni all’estero che oggi hanno un ruolo fondamentale contribuendo a motivare i militari di professione. Una rassegna di uomini in armi da considerare ‘simbolo dell’unità della patria’, disse Ciampi nel suo messaggio. Così restituì dignità alla parata introdotta nel 1950 dal ministro della Difesa Randolfo Pacciardi, cancellata nel ‘77, ripresa e sospesa negli anni Ottanta e Novanta nel quadro incerto di una politica che premiava il pacifismo tout court. Acqua passata. Oggi il fascino della divisa cattura anche gente come il ministro dell’Interno Matteo Salvini o il sottosegretario della Difesa grillino Angelo Tofalo, che appena possono indossano la mimetica. Tutto marketing per le Forze armate. Le Accademie militari, intanto fanno il pieno di richieste con aumento costante della presenza femminile. La carriera con le stellette è una opzione molto gettonata, anche tra le nuove generazioni: un giovane su due la prende considerazione. Le motivazioni non sono più legate all’incubo del ‘posto fisso’ e i ragazzi sono più attratti dai valori incarnati dai diversi corpi. Lo ha certificato anche una indagine dell’Osservatorio sulle professioni in divisa di Skuola.net. il portale degli studenti. Affascinano le Missioni all’estero, il senso di sfida, ma anche la solidarietà che i soldati portano neelle aree di crisi. E un ruolo importante lo giocano le competenze. Quasi tutti i militari apprendono la lingua inglese necessaria nei teatri operativi internazionali e acquisiscono nozioni di informatica, cyber scienza, tecnologia spaziale, storia moderna, cultura mediorientale. Tutti elementi necessari per le missioni fuori confine. A maggior ragione gli ufficiali che escono dalle Accademie di Esercito, Marina e Aeronautica sono super professionisti che sanno usare armi, cervello e competenza. Una eccellenza Made in Italy che nessuno potrà mai clonare.

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