Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli

La lettera. Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

Bologna, 30 novembre 2018 - Caso Di Maio. Ho lavorato 8 anni nell’ azienda metalmeccanica con 40 dipendenti di mio padre. Dal 1962 al 1970, facevo l’operaio 8 ore al giorno. Mio padre non mi ha mai messo in regola, ne ha versato i contributi o tasse per la mia retribuzione (bassa). L’azienda fu visitata dall’ispettorato del Lavoro tre volte e fui classificato ‘familiare coadiuvante’. Perché oggi lo chiamano ‘lavoro nero’? Giulio Longhi

 

Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

Stavolta tocca difendere Luigi Di Maio. C’è la sensazione che le polemiche di questi giorni sull’azienda del padre e sui presunti lavoratori in nero sia davvero strumentale. Ieri i vigili urbani hanno anche effettuato un sopralluogo nell’azienda contestando presunti siti di rifiuti abusivi. Nessuno ne era mai accorto prima? Inoltre Giggino Di Maio ha esibito le buste paga di un periodo presso l’azienda di papà. Ma se anche avesse lavorato senza contratto era pur sempre l’impresa di famiglia. Dov’è lo scandalo? Ogni imprenditore addestra i figli nella propria azienda. Inoltre al Sud il lavoro irregolare è prassi diffusa. I padri ingombranti però sono un problema in politica. Vedi i casi Boschi e Renzi. Al ministro Di Maio la vicenda servirà, se non altro, a fargli capire che il giustizialismo, pratica diffusa fra i 5Stelle quando sono all’opposizione, è una strada inopportuna. beppe.boni@ilcarlino.net

 

 

 

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