I duri giocano quando il gioco si fa duro

La lettera. Risponde il condirettore del carlino, Beppe Boni

Bologna, 17 marzo 2018 - AI miei tempi... Da piccola sentivo quest’espressione rivolta a noi giovani. Io, a 16 anni, dalla stazione ferroviaria andavo a piedi oltre lo stadio perché non avevo i soldi per il tram. Otto ore in fabbrica e ritorno. Col primo stipendio andò meglio, ma i soldi li davo in casa. La guerra portò miseria, ma ci rialzammo. I giovani hanno avuto molto ma il futuro non è roseo.  Anna Colli, Bologna

Risponde il condirettore del carlino, Beppe Boni

Il futuro è sempre denso di ombre per i giovani se viene visto dalla generazione precedente. Ma i ragazzi posseggono uno strumento fondamentale: l’entusiasmo per il domani, la voglia di crescere, di costruire. I genitori hanno sempre la netta sensazione di dare ai figli più di quanto non hanno avuto loro. Il futuro veramente incerto era quello delle generazioni uscite dalle due guerre, con il Paese da ricostruire e lavoro zero. Oggi le difficoltà ci sono, certo, ma la società occidentale è ancora sana e capace di riprendersi. I dati dell’occupazione e del Pil anche per l’Italia sono di nuovo positivi. Un segnale di fiducia. Qualcuno definisce bamboccioni certi giovani italiani solo perchè si sposano tardi e restano a casa con mamma e papà qualche anno in più. Segno dei tempi, ma la stoffa è buona. Forza ragazzi, quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. beppe.boni@ilcarlino.net  

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