Hospice pediatrico Seràgnoli, cure e dignità

Bologna, 20 aprile 2019 - C'è qualcosa di straordinariamente nuovo, bello e umano dietro la posa della prima pietra, a Bologna, dell'Hospice per bambini voluto e finanziato da una mecenate bolognese, Isabella Seràgnoli.

Venti milioni di euro, per cominciare. Poi ne serviranno probabilmente anche tanti altri.

La famiglia Seragnoli è ricchissima e nel mondo moderno ricchezza fa spesso (erroneamente) rima con onnipotenza. Come dire: tutto si può raggiungere con i soldi. La ricchezza in realtà sa essere anche sinonimo di bontà: ci metto i miei soldi perché voglio fare una ricerca contro la malattia X. Voglio dare una speranza alle tante persone condannate dalla malattia Y. I miei quattrini servono per guarire una persona, Tizio o Caio, in carne e ossa, non un numero statistico. Tutto bello, tutto molto nobile: nulla da eccepire.

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Ma nel caso dell'Hospice non si guarisce nessuno. C'è 'solo' una gratuità sconvolgente e commovente. Si curano dei poveri bambini condannati a morire, perché la loro malattia è inguaribile: inguaribile, non incurabile. E allora l'hospice Seràgnoli vuole prendersi cura di questi piccoli che le misteriose leggi della natura fanno morire troppo presto, dannatamente troppo presto, ribaltando fra l'altro i nostri umanissimi ragionamenti che ci portano a dire che un nonno, un padre, una nonna e una madre non possono vedere morire i loro nipoti, i loro figli. Non è accettabile, non è giusto, pare quasi disumano.

Cosa si può fare allora per questi bambini condannati? Aspettare che se ne vadano, lasciandoli al dolore, dolore loro e di chi li ama?

No, la ricchezza (non economica) dell'uomo sta nella dignità. Nella dignità di una presenza, comunque sia questa presenza. Cristiano Ronaldo o un poveraccio, un bambino moribondo o un anziano non più autosufficiente. Un santo o un balordo. Quella presenza lì è unica, irripetibile, insostituibile. Se non si può guarire (e non si potrà mai guarire tutto), si può curare (si può curare sempre).

Le decine, centinaia, migliaia di bambini che passeranno dall'hospice Seràgnoli si potranno curare, sì. Non nel senso moderno che si dà al termine curare (identico a guarire). No, curare vuol dire prendersi cura di... Prendersi cura di un piccolo cuore che fra un giorno, fra dieci o fra cento smetterà di battere. Ma questo piccolo cuore ha diritto fino in fondo di essere amato, accarezzato. Di vivere fino in fondo il misterioso destino che la vita gli ha riservato e riserva a ognuno di noi.

Renzo Piano, 'archistar' che ha progettato questa struttura bolognese in mezzo agli alberi, ha detto. 'Sarà un luogo di passione e compassione'.

Compatire vuol dire 'soffrire insieme'. Vivere insieme, perché la sofferenza fa parte dell'esistenza, come la felicità. La com-passione: l'unica cosa seria e concreta che possiamo provare a fare noi poveracci parcheggiati temporaneamente in questo mondo.

Magari anche mettendoci a piangere, però abbracciati.

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