Immigrazione, ora l'Italia agisca in Libia

L'analisi

Bologna, 12 giugno 2018 -  Il ministro dell'Interno Matteo Salvini, dopo aver deciso la svolta nella politica immigratoria con il blocco dei porti alle navi Ong, si recherà in Libia.  Aperto il fronte politico  in Europa fra mille polemiche per l'accoglienza 'allargata' dei profughi e quindi non solo più italiana, ora la fase 2 del nodo immigrazione per l'Italia si gioca a Tripoli e dintorni. E anche qui non si tratta di un affare solo nostro, ma nel quale va coinvolta l'Europa. Il nodo è arrivare a bloccare o limitare fortemente le partenze dalle coste libiche, una operazione che serve a prevenire i salvataggi, e le morti, in mare. Anche ieri 12 cadaveri sono stati ripescati a 20 miglia delle coste di Tripoli mentre 800 sono le vittime nel 2018. Una contabilità spaventosa.

Al più presto l'Italia, dunque , deve lavorare anche sul fronte nordafricano stipulando accordi con il pur fragile governo tripolino, che controlla la zona Est, e contemporaneamente con il governo di Tobruk, che governa l'Ovest, guidato dall'uomo forte della Libia, il generale Kalifa Haftar. Il primo è un governo riconosciuto dalla comunità internazionale, ma dalla cui coste continuano a partire i barconi dei clandestini.

Il secondo esiste, ma non è riconosciuto. In ogni caso è  più strutturato e con un esercito compatto. Dalle coste orientali della zona Tobruk non parte un solo barcone perché il governo di Tobruk è inflessibile nei controlli. E dall' esecutivo di Haftar sono arrivati già molti segnali di amicizia verso l'Italia, soprattutto con nuovo governo, per avviare una collaborazione più stretta anche sul nodo immigrazione.

Ma Matteo Salvini dovrà trattare anche con le tribù e soprattutto le milizie armate che gestiscono in autonomia dal governo soprattutto nelle aree occidentali dove il governo Tripolino è debole. Trattò con loro già il ministro Marco Minniti, predecessore di Salvini, ma ora cambiato il governo italiano le milizie battono di nuovo cassa e chiedono accordi. E soldi. Infatti in questi giorni le partenze dei barconi sono riprese. E tutto ciò non è casuale.

L'Italia deve affermarsi abbastanza in fretta in Nord Africa dove la Francia, che tanto ci critica per aver respinto la nave Aquarius, da tempo sta tentando di allargare la propria influenza politica puntando ad accordi con obiettivo i pozzi di petrolio. E' la stessa Francia che definisce cinica l'Italia ma respinge e lascia morire nella neve d'inverno i profughi che tentano di entrare al valico di Bardonecchia.

Un'altra ipotesi, politicamente più complicata, sarebbe arrivare anche ad utilizzare a terra in Libia,e  non solo in mare, gli uomini  della missione europea Sophia, per neutralizzare i trafficanti di uomini e le loro infrastrutture.

Dunque una missione composita, ma necessaria, quella dell'Italia in Libia che dovrà coinvolgere, oltre che l'Europa, anche l'Onu per arrivare ad organizzare campi profughi laggiù con tutte le garanzie umanitarie e con l'obiettivo di rimpatriare nei Paesi d'origine i migranti. Infine, per agire anche sul controllo dei confini sub sahariani, è necessario rendere davvero operativa la missione militare che l'Italia ha appena avviato in Niger. Ora è in una fase di stallo, e così non serve a niente.   

 

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