Magistrati e politica, il vizio antico della contaminazione

La lettera. Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

Bologna, 5 febbraio 2019 - Sono stravolta ogni giorno di più dall’atteggiamento di alcuni magistrati che lasciano in libertà i delinquenti preferendo accanirsi contro Salvini. Fare politica ammantati dalla toga è discutibile, anche se al giorno d’oggi pare sia diventato lo sport preferito di molti. Questo vale per la scuola e, devo dirlo con amarezza essendo cattolica, anche per una parte della nostra Chiesa.

Rosalia Rota, Ferrara

 

Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

La linea di confine è sottile e scivolosa. Il rapporto fra magistrati e politica fa discutere da sempre perchè non si è ancora trovato il giusto equilibrio fra condotta professionale e libertà di parola. Le incursioni delle toghe sono frequenti: c’è chi lo fa con le inchieste e le sentenze, ma formalmente in questo caso è difficile da certificare, e c’è chi lo fa intervenendo nel dibattito della società o nelle scelte del governo. L’ultimo episodio si è verificato all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Un gruppo di magistrati emiliani, aderente a Md, la corrente di sinistra, ha sottoscritto e diffuso la poesia di un collega prendendo così posizione contro la politica del governo sui migranti. E’ stata una evidente deriva dal contesto tracciato dai Procuratori generali teso ad analizzare le tendenze dei reati e i problemi della Giustizia. E’ un vizio antico. beppe.boni@ilcarlino.net

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