BolognaNavi Ong, più sfida che solidarietà

Navi Ong, più sfida che solidarietà

La lettera. Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

Bologna, 18 agosto 2019 - La Ong spagnola della Open Arms annuncia Urbi et Orbi che la situazione a bordo non è più controllabile. Naturalmente è un modo per costringere l’Italia a farsi carico dei clandestini che ha raccolto. Io mi domando: in sedici giorni di navigazione quante volte sarebbe potuta andare e tornare in un porto spagnolo, a casa sua? Quattro? Cinque? Sei volte?  Massimo Franceschi, Bologna

 

Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

C’è una sfida in atto non non certificata, non dichiarata. Si gioca fra le Ong che pattugliano il mare di fronte alla Libia (e i poteri forti che le sostengono) e l’Italia del governo gialloverde identificata con il ministro Matteo Salvini. Equipaggi stranieri come quello spagnolo della Open Arms salvano i profughi e pretendono di decidere in quale porto approdare. Come sempre scelgono l’Italia. E la scelta appare una provocazione sapendo che da noi i porti sono chiusi. In sedici giorni di attesa, polemiche e disperazione a bordo la Open arms avrebbe potuto raggiungere casa propria, la Spagna, la Francia, la Tunisia e far scendere i migranti. Niente. O l’Italia o scandalo. E la Spagna se ne è stata in silenzio. Il ministro Salvini sarà anche rude nel forzare la mano per difendere il principio di una accoglienza europea e non solo italiana ma a volte la rigidità del momento può aprire soluzioni future e strutturali. Ieri comunque sono stati fatti sbarcare i minori. Un altro dettaglio che rende l’idea: 13 persone sono scese a terra per motivi sanitari. Il medico di Lampedusa non ha rilevato alcuna patologia. Questi disperati vanno aiutati, ma qualcuno, come sempre non la racconta giusta per motivi ideologicibeppe.boni@ilcarlino.net

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